La Stampa, 22 febbraio 2018
Il boom dei cacciatori d’eredità. Così società specializzate scovano i parenti lontani dei defunti
Alla ricerca del nipote dello zio d’America. Chiamateli se volete cacciatori di eredi, sono gli esperti in ricerche genealogiche la cui mission è associare un patrimonio a un erede. E se quando rispondete al telefono dall’altra parte qualcuno vi dice: «Suo zio le ha lasciato un patrimonio», non mettete giù, non iniziate a ridere, non lasciatevi andare a improperi. Perché potrebbe essere vero. A spiegarcelo è Nadia Spatafora, responsabile italiana della Coutot-Roehrig, società francese che da 20 anni opera in Italia, leader in un settore di cui fino a poco tempo fa erano praticamente monopolisti e dove adesso si affacciano nuovi competitor, altre società specializzate, ma soprattutto avvocati e investigatori attratti dal business. Nadia Spatafora spiega che ogni anno in Italia, all’incirca, si affrontano 100 casi. Una goccia nel mare, visto che sono 5mila i casi che occupano i loro genealogisti nel resto del mondo. Ma il settore è comunque interessante, tanto che è stata appena aperta anche una sede a Torino, dopo quelle di Genova (la capofila), Roma, Milano.
Solo per farsi un’idea nel 2017 sono stati consegnati a inconsapevoli eredi ben 13 milioni di euro. «Il nostro è un lavoro molto serio e capisco che in Italia sia ancora poco conosciuto e che sembri “strano”», dice la Spatafora. «Infatti la nostra maggiore difficoltà è nell’approccio con gli eredi, perché quando li contattiamo sono molto diffidenti. Per questo noi chiediamo loro se hanno un avvocato, un commercialista, un notaio, di fiducia. E in questo caso tutto diventa molto più facile».
Le cose funzionano così: gli esperti di ricerche genealogiche, siano essi in una società o invece liberi professionisti, vengo a sapere di un’eredità senza beneficiario apparente da un notaio, da un avvocato, un curatore, o anche da un vicino di casa o da un conoscente del de cuius. A quel punto inizia l’iter. E spesso le persone contattate preferiscono far valutare la serietà di questa proposta da un professionista di fiducia. Ma ancora non viene svelato il nome dello «zio d’America» perché questo accadrà solo dopo la firma del contratto di rivelazione, ossia della scrittura privata in cui gli eredi si impegnano a dare una percentuale del lascito che riceveranno come parcella per il lavoro svolto dai cacciatori di eredità. Questi, con una procura firmata davanti a un notaio diventano poi anche i legali rappresentanti dell’erede. «Ovviamente se l’eredità svanisce non ci devono nulla», spiega la Spatafora. «E siamo noi ad anticipare tutte le spese, senza contare che fino a quel momento magari siamo stati impegnati in due anni di ricerche». In caso gli eredi non si trovino dopo 10 anni in Italia l’eredità passa allo Stato. E se un Tribunale decide di assegnarla allo Stato prima di questo termine un erede ha comunque il diritto di reclamarla, sempre che non siano trascorsi 10 anni.
Mentre in Francia i genealogisti sono figure professionali molto riconosciute e assistono i notai nelle consegne delle eredità, verificando che vadano agli eredi giusti, in Italia è ancora considerata una figura «folcloristica» usata magari per rintracciare qualche avo nobile per poi fregiarsi del titolo. Ma non è così tanto che, come abbiamo detto, il business si sta espandendo. E anche la concorrenza si fa dura. Eleonora Grasso, responsabile delle ricerche genealogiche alla Coutot-Roehrig di Genova racconta che a Torino si cercavano disperatamente gli eredi di un patrimonio composto da 500mila euro cash e 2 immobili. Una società concorrente ha trovato parenti di quinto grado (ricordiamo che per la legge in Italia ereditano i parenti fino al sesto grado) che si sono spartiti l’eredità. Peccato che poi, racconta l’esperta, «noi abbiamo rintracciato un parente di quarto grado e gli altri cugini hanno dovuto restituire tutto». Insomma, una guerra senza esclusione di colpi.