Il Sole 24 Ore, 22 febbraio 2018
Perché il caso Lettonia preoccupa la Bce
Un qualche imbarazzo è inevitabile. Lo scottante dossier Lettonia è finito sul tavolo del consiglio direttivo della Bce, riunito ieri e oggi al 42° piano del Main Building per un meeting di routine, e già alle prese con il controverso arrivo di un uomo politico come vice del presidente. Il caso lettone ha però preso fuoco velocemente e l’incendio, divampato con violenza, ora va domato rapidamente agli occhi del mondo: tant’è che la Banca centrale europea, d’accordo con le autorità di vigilanza lettoni e trovando un varco nelle leggi nazionali, ha sfoderato un’arma a sorpresa, impugnando un estintore mai visto prima nell’Eurozona: la moratoria. Non avendo alcuna competenza, né direttta né indiretta, sul controllo del riciclaggio.
Con una mossa senza precedenti a livello di Eurozona, la Bce ha predisposto il congelamento provvisorio delle passività di una banca, in questo caso la lettone ABLV, colpita da una fuga dei depositi di violenza tale da non poter essere gestita con lo strumento dell’Ela (Emergency liquidity facility). Scattato il classico caso di bank run, che se inarrestato porta qualsiasi banca sana alla rovina, Francoforte ha deciso di testare il divieto al ritiro di contanti in qualsiasi forma e per qualsiasi entità (soprattutto i depositi oltre i 100mila euro) per «preservare il valore della banca in difficoltà» hanno spiegato ieri fonti da Riga: questo in attesa di trovare una soluzione alla crisi, se si rivelerà temporanea. Il collaudo della moratoria è stato possibile perchè ABLV è una piccola banca, rispetto alle dimensioni medie del sistema bancario europeo, e perchè le leggi lettoni lo consentono: non esiste, per esempio, un simile varco nell’ordinamento legislativo italiano.
La strada per uscire dall’imbarazzo destato dal caso lettone si presentava però ieri comunque impervia. Il dossier Lettonia è complicato: spazia dalle pesanti accuse di corruzione rivolte al governatore della Banca centrale Ilmars Rimsevics, secondo agenzie stampa lanciate dalla banca lettone Norvik posseduta dal magnate russo Grigory Guselnikov (respinte con vigore, ma che non hanno evitato la sospensione del governatore dall’incarico), al baratro in cui è piombata la terza banca del paese ABLV travolta dall’avvio di una procedura di fermo per riciclaggio “proposta” lo scorso 13 febbraio dall’organo poco noto Financial Crimes Enforcement Network del Tesoro Usa: una mossa delle autorità americane che ha scatenato la fuga dei depositi, metà dei quali posseduti da non-residenti e sospettati di avere natura illecita e legami russi.
La Russia da una parte, gli Usa dall’altra, e nel mezzo un’Europa sembrata impacciata, per l’ennesima volta messa in imbarazzo da questo piccolo Stato, la Lettonia, entrato nell’euro nel 2014 e che pesa per lo 0,2% sul Pil europeo con i suoi 2 milioni di abitanti. Il fatto che la bordata sul riciclaggio sia partita dagli Usa, e che sulla testa del governatore Rimsevics, in sella dal 2001, pendano accuse gravissime di corruzione sia pur respinte, ha messo in discussione la capacità del sistema europeo di spegnere questo tipo di focolai prima che divampino in incendi.
La Bce e il Meccanismo unico di vigilanza hanno in via congiunta una lunga lista di poteri e competenze ma non arrivano ad occuparsi di money laundering, il cui controllo à esercitato a livello nazionale. Quando l’Ssm è stato avviato nel 2014, il tema è stato affrontato dagli Stati dell’Eurozona ma la resistenza degli organi nazionali a delegare a istituzioni europee ha avuto la meglio. La mancanza di controlli su scala europea è stata lamentata in due occasioni nel 2017 pubblicamente dalla presidente del Single Supervisory Board Danièle Nouy. Anche perché le misure prese a livello locale non è detto affatto che siano efficaci e risolutive: proprio nel caso della Lettonia, dopo il Laundrygate del 2014, già nel 2016 la ABLV veniva multata per soli 3 milioni di euro per riciclaggio. Non da ultimo, Cipro e Malta hanno tenuto caldo il problema.
Il dibattito su chi deve occuparsi di antiriciclaggio in Europa resta aperto. Intanto la Bce ha risposto alla mossa Usa su ABLV con la moratoria per la prima volta sul campo: uno strumento che «va usato in circostanze estreme» (quando l’Ela non funziona con il limite di 500 milioni per le operazioni tempone della sola banca centrale nazionale, o perché la banca travolta non ha collaterale): è un congelamento che serve a prendere tempo. Funzionari della ABLV sono stati a Francoforte nei giorni scorsi, all’Ssm: devono ora presentare un piano che tenga in piedi la banca quando la moratoria verrà tolta (forse nelle prossime ore). Senza soluzioni, la patata bollente passerà dalla Bce al Resolution Board per una risoluzione ordinata che può portare alla vendita o liquidazione della banca.