La Stampa, 21 febbraio 2018
Gibson, conti in rossoIl mito rischia il crac. Un debito milionario soffoca l’azienda di Nashvilleche con le sue chitarre ha costruito la storia del rock
La materia di cui sono fatti i sogni sono i desideri. Quindi il nostro cervello non è in grado di elaborare correttamente l’informazione secondo la quale la Gibson (una delle marche, con Fender e pochi altri, che hanno fatto della chitarra un totem) starebbe per chiudere soffocata dai debiti. Lo scrive il Nashville Post (che già detto così fa sognare, perché gli americani ci fregano con la lingua): Gibson deve rimborsare 375 milioni di dollari in obbligazioni e saldare prestiti ricevuti dalle banche per altri 145 milioni di dollari.
Dopo appena un anno dal suo arrivo in azienda, il responsabile finanziario Bill Lawrence ha deciso di levare le tende. L’amministratore delegato Henry Juszkiewicz ha promesso operazioni urgenti per razionalizzare le attività dell’impresa, sia monetizzando su alcuni asset sia rinegoziando i debiti con le banche. Il futuro aziendale della Gibson, insomma, è a rischio. Impossibile credere che, anche nel peggiore dei casi, non arriverà qualcuno a rilevare un marchio che vale oro.
Un fatto però è sotto gli occhi di tutti: se fino a pochi anni fa le vendite di strumenti musicali erano un fenomeno di massa ed era facile trovare chitarre a profusione in ogni casa, ora il mercato si è fatto più duro, con la concorrenza delle alternative digitali, delle marche più economiche prodotte in mezzo mondo e soprattutto dal boom della musica che non prevede strumenti per essere suonata.
Quello che nessuna crisi industriale o passaggio di mano potrà mai cancellare è l’impatto sull’immaginario collettivo che le chitarre di Orville Gibson da Kalamazoo, Michigan, hanno avuto negli ultimi 120 anni. Dalle acustiche di Elvis, John Lennon e Bob Dylan, alla Lucille di B. B. King. Fino alla storia dell’uomo che ha dato il nome a un mito: Lester William Polfuss, passato alla storia con il nome d’arte di Les Paul. Chitarrista di grandissimo talento, fu lui a creare per Gibson il modello che da più di mezzo secolo porta il suo nome (a lui si deve anche il brevetto della registrazione multitraccia e di uno degli effetti più importanti per la storia della musica leggera, il delay).
Alle Les Paul e SG (la diavoletto, anche in versione doppio manico – un oggetto di perversione) sono legate alcune delle immagini più belle del rock. Bastano alcuni nomi: Jimmy Page, Neil Young, Gary Moore, Slash, Angus Young. Ma tutti i grandi chitarristi le hanno suonate, da George Harrison a Eric Clapton, da Santana a The Edge. Chi riuscirà a riportare i conti di Gibson a posto e a salvare l’azienda, avrà salvato almeno un po’ l’anima del rock.