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 2018  febbraio 21 Mercoledì calendario

Donne in letteratura, stavano meglio quando stavano peggio. I risultati sorprendenti di una ricerca su oltre 100 mila romanzi di lingua inglese

Un gruppo di ricercatori delle Università dell’Illinois e della California ha usato un algoritmo per analizzare 104.000 romanzi di lingua inglese scritti tra il 1780 e il 2007 e verificare come la presenza delle donne nella letteratura sia aumentata nel corso degli anni. Quando hanno visto i risultati, non credevano ai loro occhi e hanno rifatto i calcoli, perché tutti i dati dimostravano il contrario: il numero di scrittrici non è aumentato, ma è drasticamente diminuito dal 1850 al 1950, e questo trend ha cominciato parzialmente a invertirsi solo a partire dal 1970.
C’erano dunque più scrittrici ai tempi di Jane Austen, delle sorelle Brontë, di Emily Dickinson e di Virginia Woolf che nell’epoca delle suffragette, del femminismo o della liberazione sessuale degli Anni 60. Non solo: anche il numero di donne protagoniste dei romanzi è diminuito allo stesso modo, dando alla letteratura un carattere sempre più dominato dai maschi. Che cosa è successo? Perché le donne nel corso di quasi due secoli sono progressivamente scomparse dal mondo dei libri?
Ted Underwood, David Bamman e Sabrina Lee, i ricercatori che hanno guidato l’indagine, hanno pubblicato le loro conclusioni sul Journal of Cultural Analytics. Tra le spiegazioni fornite c’è quella che nell’epoca vittoriana scrivere libri non era considerata un’occupazione socialmente rilevante: lo si faceva per passare il tempo, o perché non si era riusciti a trovare una vera e rispettabile occupazione. Quando gli scrittori hanno cominciato a essere socialmente più apprezzati (e pagati meglio) il lavoro ha interessato un sempre maggior numero di uomini, che hanno allontanato le donne anche dalle pagine dei romanzi.
La ricerca ha evidenziato che la percentuale di scrittrici è passata dal 50% al 25% tra metà dell’800 e metà del ’900, ma anche che nei romanzi scritti da donne i personaggi femminili occupano buona parte della trama, mentre in quelli scritti da uomini compaiono solo in un terzo delle pagine. Con il tempo, anche molte parole sono diventate meno comuni: nel XIX secolo termini considerati «femminili» come lacrime, cuore, sguardo e sorriso erano molto presenti, ma sono stati nel tempo sostituiti da espressioni più «maschili». Le donne sorridono, gli uomini sogghignano o ridacchiano; le donne hanno sensazioni, gli uomini decidono e prendono. Nella ricerca viene citato Raymon Chandler come lo scrittore che nel dopoguerra ha più mascolinizzato i romanzi, ma si sarebbero potuti ricordare anche Ernest Hemingway e tanti altri cantori della virilità, imitati da generazioni di scrittori.
Kate Mosse, autrice britannica di romanzi storici e fondatrice di un premio per le donne scrittrici, ha dato al Guardian una sua spiegazione: «Le cose sono cambiate quando la critica letteraria ha cominciato a essere considerata importante. La critica fatta da uomini ha sempre premiato gli uomini e marginalizzato le donne, basta vedere che cosa è successo nella musica. E se analizziamo i romanzi scritti da donne che vengono premiati, quasi sempre hanno protagonisti maschili e non femminili».
Ci deve essere qualcosa di vero, se su 111 edizioni del Nobel per la letteratura solo 14 donne hanno vinto il premio. Ma la rivincita delle scrittrici è in pieno svolgimento, capeggiata da J. K. Rowling, che non avrà ricevuto critiche lusinghiere né vinto premi importanti, ma è la prima persona al mondo a superare il miliardo di dollari di guadagni solo scrivendo libri, un traguardo che nessun uomo ha mai raggiunto.