La Stampa, 21 febbraio 2018
Parabola Creval, dalle acquisizioni ai richiami su crediti e antiriciclaggio
Dalle molteplici acquisizioni, agli infortuni sulle norme antiriciclaggio e sui finanziamenti per agevolare i soci nell’acquisto di azioni, fino all’emergenza crediti dubbi e alla lettera di Bankitalia che ha richiamato la banca alla realtà. La parabola del Credito Valtellinese, l’istituto che in questi giorni sta cercando sul mercato la bellezza di 700 milioni (e che ieri ha visto un leggero rimbalzo del diritto, su dell’1,41%, contro il -0,19% dell’azione), comincia a metà Anni 90. Quando una banca che fin dalla ragione sociale riporta la vocazione al Piccolo Credito decide di perseguire una certa grandeur. Dalla provincia valtellinese spicca un balzo che la porta fino in Sicilia.
In quegli anni, non senza la benevolenza di Banca d’Italia, fa così acquisizioni a raffica che le valgono parte del fardello dei crediti deteriorati che il recente piano è chiamato a ridurre. Annette il Credito Artigiano, la Popolare di Rho, la siciliana Popolare Santa Venera, con sede ad Acireale, la Cassa San Giacomo, che invece sta a Caltagirone – dove a fare da presidente per un certo periodo andrà Mario Cotelli, l’ex ct, sondriese, della Valanga Azzurra di sci -, la bresciana Banca dell’Artigianato e dell’Industria. Nel 2001 arrivano l’agrigentina Banca Regionale Sant’Angelo. Il Creval compra anche 35 sportelli da Intesa Sanpaolo che lo proiettano in Piemonte. Non solo.
Nel 2008 completa il quadro con la Carifano e Banca Cooperativa Cattolica, e poi Banca della Ciociaria. Finisce che il gruppo si ritrova più sportelli in provincia di Catania (47 sotto le insegne Credito Siciliano) che in Valtellina (41). Gli ultimi anni, però, sono quelli in cui Banca d’Italia la richiama più volte all’ordine. Già il controllo del 2016 risulta, comunica via Nazionale a fine 2016, «parzialmente sfavorevole per quanto riguarda la classificazione delle esposizioni e l’adeguatezza degli accantonamenti», un primo segnale d’allarme sul tema delle esposizioni deteriorate.
Un altro accertamento, un anno più tardi – siamo nel settembre 2017 – colpisce l’istituto nella normativa antiriciclaggio con un’altra valutazione «parzialmente sfavorevole» (livello 3 su 4, dove il 4 è il peggiore). Già nel 2013 Via Nazionale aveva comminato 99 mila euro in sanzioni per carenze in materia di antiriciclaggio ai vertici, a cominciare dall’allora storico presidente (oggi onorario, dopo 40 anni in prima fila) Giovanni De Censi e dall’allora ad (oggi presidente) Miro Fiordi. Gli scivoloni non finiscono, tanto che la banca nel 2016 ammette la «possibilità» che nei 10 anni precedenti sue azioni possano essere state sottoscritte «ricorrendo a finanziamenti erogati dalla banca stessa». Citazioni di un film già visto in Veneto e non solo. Poi però irrompe di nuovo Bankitalia che l’8 agosto 2017 chiede di procedere «con la massima tempestività ed efficacia a porre in essere tutte le iniziative necessarie alla riqualificazione del profilo reddituale dell’azienda...». Il punto in cui siamo adesso.