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 2018  febbraio 20 Martedì calendario

Danni erariali per 1,7 miliardi dagli statali. Ma loro restituiscono solo 273 milioni

C’è un piccolo tesoretto, per la precisione 1,7 miliardi di euro, ottenuto dalla somma dei danni erariali procurati nell’esercizio delle proprie funzioni da dipendenti e amministratori pubblici. Il gruzzolo, però, viene recuperato soltanto in parte perché i diretti interessati rimborsano di rado i danni provocati. Così su un miliardo e 690 milioni accertati, nelle casse degli enti pubblici danneggiati sono pervenuti meno di 273 milioni. Manca all’appello circa l’84% delle riscossioni. A fare i conti è stato Gianni Trovati su Il Sole 24 Ore, mettendo in fila l’ammontare dei danni accertati dalla Corte dei Conti e gli importi effettivamente recuperati. I numeri si trovano nella relazione della Procura generale diffusa per l’inaugurazione dell’anno giudiziario. 
In realtà, spiega Trovati, i dati completi potranno essere contabilizzati soltanto alla fine di marzo, perché in base alle nuove regole introdotte dalla riforma Madia della Pubblica amministrazione, gli enti incaricati della riscossione hanno tempo tre mesi per recuperare il danno. Ma il tempo rimanente è poco e vi sono alcuni segnali che indicano addirittura un possibile peggioramento. 
Secondo la Corte dei Conti il maggiore impedimento al recupero del dovuto, sta proprio negli enti in capo ai quali grava la responsabilità della riscossione. Gli stessi danneggiati. Con un potenziale conflitto d’interesse per i dipendenti e amministratori che possono trovarsi a svolgere il ruolo di esattori di loro stessi. 
E la riforma Madia ha scelto di non affrontare questo nodo, limitandosi ad affidare alla Corte dei conti la responsabilità delle riscossioni. E ai procuratori «la titolarità del potere di esercitare la vigilanza sulle attività volte al recupero del credito erariale». 
Insomma dovrebbe essere la magistratura contabile a imprimere un giro di vite, perseguendo quanti, all’interno delle amministrazioni pubbliche danneggiate, ritardano o addirittura insabbiano il recupero dei danni accertati. 
Un meccanismo la cui funzionalità merita una verifica, soprattutto nella parte in cui viene istituito il «responsabile del procedimento», che ogni anno deve rendicontare la contabilità dei rimborsi effettuati e quelli ancora in sospeso. 
«Ma le leve», conclude Trovati, «restano in mano all’amministrazione. E, senza un cambio effettivo di poteri, i prospetti rischiano solo di certificare, analiticamente, un fallimento». Sul quale la magistratura contabile potrebbe fare ben poco che non abbia già fatto. 
Né mancano i dubbi sul compito assegnato dalla riforma alle procure, con i magistrati chiamati a trasformarsi in gendarmi della riscossione.