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 2018  febbraio 20 Martedì calendario

Il professore non crepa mai

Romano Prodi, col suo stile da parroco buono, umile e comprensivo, è sempre stato capace di infinocchiare tutti, Silvio Berlusconi compreso, avendolo battuto due volte senza merito in altrettante elezioni politiche, nel 1996 e nel 2006. Non è poca roba. Quindi l’uomo non va sottovalutato. 
Dieci anni dopo la sua uscita di scena egli è ancora qui a nuotare sotto l’acqua per tentare di fottere il vecchio avversario. Dice di non votare per il Pd, elogia Gentiloni, intanto briga affinché la sinistra vinca le prossime elezioni o, meglio, le perda il centrodestra detestato da lui e non soltanto da lui. Passi felpati, linguaggio pacato e morbido, Romano lavora per predisporre strategie. Cosa che gli riesce bene da tempi lontani, da quando era un professore universitario prestato all’amministrazione di aziende pubbliche. Ovunque sia stato ha ottenuto quello che voleva. In politica ha dato molto ma ha ottenuto poco rispetto ai suoi sforzi. Nel senso che le maggioranze a suo sostegno prima o poi lo hanno tradito costringendolo a dimettersi da palazzo Chigi. 
Nonostante ciò, e pur essendo arrivato a una certa età, più vicino agli ottanta che ai settanta, non ha mai smesso di sperare in un ritorno sulla scena. È sul punto di riuscirci. Prodi ha un piano che oggi vi svela Renato Farina. Un progetto furbo che nelle mani di Mortadella può essere tanto dannoso per l’Italia quanto efficace per lui stesso. Il professore infatti ha in mente di creare una intesa tra grillini, Pd e Liberi e Uguali, quelli dell’inutile Grasso, il quale però garantisce i comunisti di risulta. Uno schema che ricalca le orme dell’Ulivo di buona o pessima memoria, giudicate voi. Detta così, sembra una boiata. Ma se tenete conto dei numeri e delle ambizioni della sinistra, non è escluso che funzioni. Per ragioni aritmetiche. Queste. 
Il Movimento 5 Stelle punta a governare ad ogni costo. Il Pd anche, così i ciccioni di Grasso. Se fate la somma dei consensi che queste forze, o debolezze politiche, raccoglieranno nelle urne vi accorgete che il totale supera di gran lunga il 50 per cento avvicinandosi al 60. Eccola qui la maggioranza. Si tratta soltanto di scrivere un programma comune e il gioco è fatto. Lo faranno perché conviene. Consente di far fuori Forza Italia, la Lega e i Fratelli della Meloni e di consegnare alla sinistra generica il potere, che sta a cuore alla Casta molto più degli interessi italiani. 
Naturalmente le componenti della supposta maggioranza litigheranno su tutto e saranno sempre in procinto di rompere gli accordi, ma pur di non mollare le poltrone troveranno il modo di tirare avanti. Questo è indubbio, conoscendo i nostri pollastri rossi. Per alcuni anni essi governeranno il Paese nel peggiore dei modi, finché il bubbone non scoppierà. La tradizione prodiana è consolidata: lui vince le elezioni, si conferma padrino dei progressisti, però non ha tenuta e alla fine molla l’osso. Ma sullo scatto elettorale è imbattibile. Per sconfiggerlo ci vorrebbe un centrodestra coeso. E non c’è. Per ora.