la Repubblica, 21 febbraio 2018
Tasse low cost, la frontiera dell’Est attira le imprese
• Non solo Embraco. Molte multinazionali, ma anche diverse imprese italiane (secondo uno studio Unicredit oltre 7mila) hanno delocalizzato la produzione nell’Est Europa. Per quale motivo?
I motivi sono in sostanza due: un costo del lavoro molto più favorevole rispetto a quello italiano e il quadro di incentivi all’investimento garantiti da molti di questi paesi.
• Quanto è più conveniente il costo del lavoro in Slovacchia e nell’Est Europeo?
Molto, malgrado la dinamica della crescita degli stipendi a Est è più rapida che da noi. Secondo le tabelle Eurostat il costo orario del lavoro in Italia è di 27,4 euro. Molto meno dei 50 della Norvegia, ma parecchio di più di Bratislava, dove vuole andare Embraco, dove il compenso orario è di 10 euro. In Romania siamo a 5 e in Bulgaria a 4,4. In dodici anni però le buste paga in Slovacchia sono salite del 150%.
• E quanto valgono gli incentivi fiscali garantiti dai governi dell’Est Europa?
Dipende. Ogni paese ha le sue regole. Comunque sono somme importanti. Prendiamo la Slovacchia: Bratislava garantisce un cofinanziamento dal 20 al 50% della somma necessaria per costruire l’impianto, con un tasso che per tutte le agevolazioni è direttamente proporzionale. Non solo. La legge prevede aiuti per i nuovi assunti e 10 anni di sconti fiscali. Il carico fiscale sulle imprese è del 21%.
• Perché Calenda ha scritto alla Ue chiedendo di indagare sul “trasloco” di Embraco in Slovacchia?
Per verificare che la decisione non sia stata motivata da aiuti di Stato. Roma chiede in particolare che per finanziare queste iniziative non siano stati utilizzati soldi provenienti dai fondi strutturali Ue. L’Italia, inoltre, chiederà a breve a Bruxelles l’ok alla creazione di un fondo che in caso di delocalizzazioni produttive verso i paesi del’Est, gestisca la transizione industriale con una maggiore intensità rispetto a quella normalmente concessa per un normale aiuto di Stato.
• Cosa prevedono le normative Ue a questo riguardo?
Le norme Ue sugli aiuti di Stato dovrebbero impedire agli Stati membri di utilizzare denaro pubblico per incentivare la delocalizzazione di posti di lavoro da un Paese dell’Unione a un altro, una questione che è il nocciolo stesso della concorrenza leale tra Stati nel Mercato unico.
Per questo nel 2014 sono state introdotte condizioni specifiche per far sì che gli investimenti regionali non possano essere garantiti per incentivare la rilocalizzazione di attività economiche da un Paese all’altro. Condizioni che sono state rese più stringenti nel maggio 2017.
• C’è stato qualche caso in cui sono state applicate?
Bruxelles ha acceso un faro sui 125 milioni garantiti da Bratislava alla Jaguar Land Rover per l’apertura di uno stabilimento nel paese. La sentenza finale è prevista a fine 2018.
• Esistono altri casi di competizione “border line” tra paesi europei per attrarre investimenti esteri?
Sì. Il più macroscopico sono le tassazioni low cost proposte da alcuni paesi tra cui Irlanda, Gran Bretagna e Olanda su tutti. Il meccanismo funziona: l’Irlanda per dare un’idea, ha visto il suo Pil crescere del 26% nel 2015 grazie allo sbarco nel paese delle multinazionali a caccia di un paradiso fiscale made in Ue.
• La Ue è intervenuta su questi casi?
Sì. Per scoraggiare l’Irlanda, l’ha costretta a chiedere indietro 13 miliardi di tasse arretrate. La Commissione ha anche aperto altre inchieste simili sugli accordi finanziari tra alcuni paesi come Lussemburgo e Olanda e aziende (tra cui la Fiat) per ridurre il carico fiscale.