la Repubblica, 21 febbraio 2018
L’ultima partita di Baggio. «Porto in tribunale gli animalisti»
E alla fine Baggio prese la mira e sparò una bella querela: pum. La breve ma intensa battuta di caccia del più famoso buddista con doppietta d’Italia ha avuto luogo nel Tribunale di Padova, dove il Divin Codino ha tentato di impallinare l’ex dj animalista Paolo Mocavero, un attempato signore che qualche mese fa lo ha attaccato sugli immancabili social. «Baggio va all’estero per i famigerati viaggi della morte e ha il coraggio di definirsi buddista: forse non conosce il significato delle parole, visto il suo basso livello culturale», questo il tono del post che il vecchio dj ha dedicato all’indimenticabile campione, aggiungendo un «… e ci ha fatto pure perdere un mondiale» abbastanza fuori contesto. Il fantasista non l’ha presa benissimo e il giudice Chiara Bitozzi ha aggiornato gli atti al prossimo 18 giugno, quando avrà luogo il secondo tempo di questa bizzarra partita. Se finirà ai rigori, Baggio lo tirerà.
Dopo una lunga e gloriosa carriera da cacciato, preda sognata da qualunque ruvido stopper (memorabili i duelli con Pasquale Bruno, detto ‘o animale), Robybaggio è diventato cacciatore e da subito sono state polemiche, andate a incrociarsi con la scelta filosofica di Baggio (forse c’entra pure l’impermanenza buddista: nulla lo è più di un fagiano in attesa di giudizio). Il numero 10 ha provato a spiegare per iscritto, nella sua autobiografia Una porta nel cielo (Limina) il senso della passione ereditata da papà Florindo, che quando Robertino aveva cinque anni già lo portava a caccia di anatre. «Riuscire a pensare come l’animale che stai inseguendo, anticiparne le mosse è un gioco alla pari: istinto contro istinto, esperienza contro esperienza. Diverse volte ho provato a spiegare il mio rapporto con la caccia, senza riuscirci. Soltanto chi la vive con il mio stesso entusiasmo e rispetto può capire».
Sul gioco alla pari, uomo armato contro pennuti abbagliati dai fari delle jeep nelle battute notturne, qualcuno ebbe da ridire già venticinque anni fa. Ma Baggio non si scompose, acquistando anzi una fazenda in Argentina, località Rivera ( nomen omen) e chiamandola Chiquita, come la banana. È la sua riserva privata, dove ci sono lagune artificiali e molti animali in procinto di diventare ex. Questo non piace agli animalisti italiani che sono andati ad appendere striscioni sulla cancellata della villa veneta di Baggio, nella già celebre Caldogno. «Cinghiali o cormorani/nessuna differenza/ abbiamo perso la pazienza», e non guasta immaginare il testo ritmato come un coro da stadio. A seguire, insulti e auguri anche di morte al Divin Codino, il quale ha sempre incassato e infine querelato.
Da ragazzino lo chiamavano Caccia e Pesca. «Più che sparare, la caccia è attendere. E mentre aspetti, osservi i colori, i profumi e la grandezza del creato». Tra uno dei più forti calciatori della storia e le sue povere prede si è formata, nel tempo, una vasta narrazione. Ecco dunque i racconti delle battute di caccia vicino a Bucarest, nella tenuta sul Danubio del principe Dimitri Sturdza che fu casa di caccia di Ceausescu. Ecco gli agguati ai cinghiali nella Pampa, pure questi oggetto autobiografico, quando Baggio ebbe a narrare di quella volta che impallinò un esemplare maschio di 168 chili e due metri di lunghezza. Nelle numerose leggende metropolitane sul conto del Coniglio Bagnato, come lo definì Giovanni Agnelli (sempre meglio che lepre in salmì), figura la storia del puma: quello che nel 2012 fu avvistato lungo l’Isonzo e che avrebbe fatto dire a Baggio «lasciatelo a me, ve lo abbatto in due giorni», frase ovviamente apocrifa.
Eppure Robybaggio è un uomo di pace, ambasciatore Fao da quasi vent’anni, impegnato nel sociale, munifico benefattore silenzioso per ospedali e nobili cause, come la lotta alla Sla che uccise il suo grande amico Stefano Borgonovo.
Un fuoriclasse, Baggio, immune dalle tentazioni dell’apparenza, quasi scomparso dalla scena dopo l’ultimo calcio al pallone nel 2004: da quel giorno non si è mai più messo gli scarpini da calcio. Gli piace starsene da parte e coltivare una passione che certo fa discutere, ma che gli scorre nel sangue. Oltre ai fucili, Baggio colleziona e restaura personalmente gabbie di uccelli, specchietti per le allodole, richiami e stampi di varia natura. I pezzi più pregiati della sua raccolta di memorabilia venatori sono quattro anatre di legno appartenute a Giacomo Puccini. Uno, in fondo, come lui: cuore di artista e cartuccera a tracolla. Un altro Divin Mirino.