Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2018  febbraio 21 Mercoledì calendario

I partiti, Vermicino, il Mundial. Un film sul Presidente di tutti stella

È il paese natale di Sandro Pertini: un comune sparso sulle alture sopra Savona. Il futuro capo dello Stato è nato nella frazione San Giovanni, che è sede del municipio e ospita la casa museo aperta al pubblico 

È stato, secondo una formula corrente, «il Presidente più amato dagli italiani», ma non avendo eredi politici, partiti, organizzazioni, giornali che ne abbiano tenuto vivo il ricordo, tanti giovani oggi hanno un’idea molto, troppo nebulosa di chi sia stato Sandro Pertini. Il Presidente che «fuma la pipa», come cantava Antonello Venditti. Il «partigiano come Presidente» di Toto Cutugno nella canzone celeberrima che è diventata quasi un inno nazionale, seppure in via solo ufficiosa. Il Presidente che è addirittura diventato un’icona pop, ma è stato una figura centrale della politica italiana, della sua storia complessa e dolorosa. Questa storia viene ora restituita con la forza del cinema attraverso un film prodotto da Gloria Giorgianni con Cesare Fragnelli e Tore Sansonetti e insieme a Sky Cinema e Raicinema, Pertini il combattente di Giancarlo De Cataldo e Graziano Diana, in sala dal 15 marzo. Una storia fitta di aneddoti e anche di particolari sconosciuti che ricostruiscono una vicenda, quella di Pertini, illuminante nella sua singolarità. 
Messo in carcere e poi al confino dal regime fascista, Pertini si infuriò dietro le sbarre perché la madre aveva presentato domanda di grazia alla dittatura di Mussolini: e nel film si riesuma la chicca di uno sceneggiato sul giovane Pertini interpretato da Maurizio Crozza. Un uomo singolare nella sua intransigenza, ruvido, brusco ma, come ricorda questo film di De Cataldo e Diana, decisivo in un passaggio molto complicato della nostra storia come quello a cavallo tra gli anni Settanta e gli Ottanta, quando si trattava di sanare la frattura sempre più radicale tra i cittadini e le istituzioni.
Come presidente di una di queste istituzioni, qualche anno prima del Quirinale, stavolta al vertice della Camera dei deputati, ricevette in gran segreto nelle lavanderie di Montecitorio, lontano da orecchie indiscrete, uno dei pretori che a metà degli anni Settanta scoperchiarono la pentola maleodorante dello scandalo dei petroli. Un particolare sconosciuto, questo della lavanderia rivelato nel film, che però racconta di che pasta fosse fatto Pertini. Ovviamente avrebbero potuto scegliere nel film i particolari della storia politica dell’esponente socialista Sandro Pertini, i suoi scontri con Nenni nei rapporti con i comunisti, il suo ruolo ostile alla scissione socialdemocratica del compagno di antifascismo Giuseppe Saragat, la sua visione del centrosinistra agli albori degli anni Sessanta, con la collaborazione di governo tra la Dc e il Psi. Ma la scelta si è concentrata sul rapporto di Pertini con gli italiani, con l’Italia fuori delle determinazioni di partito. E la forza con cui Pertini si mise contro la corrente dominante della politica di allora (di allora?) per nascondere l’entità dei finanziamenti illeciti ai partiti è la prova della singolarità che accompagna tutta intera la sua storia personale e politica.
Con una colonna sonora che allinea le varie manifestazioni di simpatia e di attenzione che la musica ha dedicato a Pertini, il film mette in luce tutti gli episodi salienti che hanno fatto del Presidente che «fuma la pipa» un’icona molto amata. 
Il momento difficile in cui Pertini, dopo il terremoto in Irpinia, si disse indignato in televisione per il ritardo nei soccorsi che avevano lasciato indifese le popolazioni colpite. Una scena che tra l’altro fu un impulso a dotarsi di una Protezione civile moderna degna di un Paese non più prigioniero della sua arretratezza. Ma soprattutto segnò (come ha notato Marcello Sorgi, insieme a Paolo Mieli e Eugenio Scalfari, uno dei giornalisti che hanno offerto testimonianza sulla figura di Pertini, oltre a quella di tanti esponenti politici, in primis il presidente Giorgio Napolitano) una svolta nell’immagine presidenziale: non più silente testimone che media e cuce, ma protagonista anche loquace di un ruolo delicatissimo nella vita politica e nella società. 
Quando Pertini si reca a Vermicino mentre per la prima volta in Italia la televisione si cimenta con una drammatica diretta, quella del povero Alfredino Rampi precipitato in un pozzo, intuisce che anche in questa dimensione emotiva si situa una svolta nella rappresentazione pubblica in Italia. E poi la sequenza indimenticabile della partecipazione di Pertini nella tribuna dello stadio di Madrid quando gli Azzurri del calcio conquistano per la terza volta la coppa di Campioni del mondo (compresa la partita a scopone scientifico che il Presidente gioca in aereo in coppia con Zoff, persa, lo rivela il portiere della Nazionale, proprio per via di un fatale errore presidenziale). E il desiderio, frustrato, di Pertini per un secondo settennato. 
La sua icona è restata intatta. Il suo ricordo, un po’ sbiadito nel tempo. Ma un protagonista della storia italiana viene rimesso in questo film nel Pantheon dell’immaginario collettivo. Da antifascista incarcerato. Da Presidente di tutti gli italiani.