Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2018  febbraio 20 Martedì calendario

In che modo la Slovacchia ci ruba le imprese

ROMA Sul sito della Sario, la Slovak investment and trade development agency, l’agenzia slovacca costituita per attrarre gli investimenti nella repubblica dell’Est, le condizioni proposte alle imprese straniere sono magnificate. Un’impresa straniera che voglia delocalizzare nel piccolo Stato, oltre alle già basse aliquote fiscali del 21 per cento sulle imprese, e dello zero per cento sulle compravendite immobiliari, ad un costo della manodopera invidiabile, può contare anche su altri aiuti: per esempio uno sconto del 35 per cento sulle tasse e un contributo fino a 30 mila euro per ogni dipendente assunto. Incentivi che hanno funzionato. 
Da qualche anno un gran numero di imprese, soprattutto nel settore dell’auto, ha spostato la sua produzione in Slovacchia. Lo stesso sito della Sario le elenca come delle storie di successo: Kia, Volkswagen, Peugeot. E poi le italiane Magneti Marelli, Came, Zanini, la Pantani tubi. Insomma, la decisione prese da Embraco e da Honeywell di lasciare l’Italia per la Slovacchia è solo la punta di un iceberg. Ma tutti questi trasferimenti sono solo giustificati dalle migliori condizioni offerte alle imprese?
LA LENTEUfficialmente nessuno lo dice, ma al ministero dello Sviluppo economico il sospetto è che oltre agli incentivi in chiaro praticati alle imprese, ci possa essere anche qualche accordo sottobanco. Una sorta di «tax ruling» simile a quelli praticati in passato dal Lussemburgo a favore di alcune multinazionali come la Apple e la Fiat. Nei giorni scorsi il ministro Carlo Calenda ha preso carta e penna e ha scritto una lettera al Commissario alla concorrenza, Margrethe Vestager, per chiederle di verificare che la Slovacchia non offra alle imprese aiuti di Stato illegittimi. Un argomento che sta molto a cuore alla Vestager che, per esempio, ha obbligato l’Irlanda a farsi restituire da Apple ben 13 miliardi di euro. Non solo. La commissaria alla concorrenza ha già acceso un faro su un aiuto di 125 milioni concesso dal Paese a Jaguar per convincerla ad investire nello stabilimento di Nitra. Il punto è che queste indagini richiedono in genere tempi lunghi. Il recinto rischia di essere chiuso quando i buoi sono già scappati. 
I VANTAGGI EUROPEIL’altro punto oggetto di attenzione è più politico. E riguarda tutti i Paesi dell’Est, che sono in grado di offrire condizioni competitive alla localizzazione delle imprese continentali, anche grazie agli stessi contributi che arrivano da Bruxelles. 
I fondi europei destinati alla Slovacchia tra il 2014 e il 2020 sono 15,3 miliardi di euro. Alla Bulgaria, per lo stesso periodo di tempo, sono stati assegnati 16 miliardi. 
Con un costo della manodopera bassissimo, e con un’aliquota unica al 10 per cento, Sofia può permettersi di offrire vantaggi molto ingenti a chi porta i suoi stabilimenti nel Paese. Secondo Confindustria Bulgaria sono già mille le imprese italiane che lo hanno fatto. 
Qualche volta si riescono a salvare la capra e anche i cavoli. Come è accaduto nel caso della vertenza di Ideal Standard, pure gestita dal ministero dello Sviluppo economico. La produzione è stata trasferita in Romania, ma la fabbrica di Roccasecca è stata riconvertita alla produzione di sampietrini. Ma non sempre le contromosse riescono. Come dimostra proprio il caso Embraco.