La Stampa, 18 febbraio 2018
Acciaio, i maxi-dazi di Trump. Tariffe fino al 53% sulle importazioni da 12 Paesi, tra cui Russia e Cina
Nuovo giro di vite dell’amministrazione americana sugli scambi internazionali. E ancora una volta nella direzione della sfida alla Cina, uno dei cavalli di battaglia di Donald Trump. Il presidente Usa è pronto a imporre una serie di misure restrittive sull’importazione di alluminio e acciaio prodotti nel Paese del Dragone, considerati beni strategici per la sicurezza nazionale. Al punto da essere considerati centrali nello schema di revisione presentato dal dipartimento per il Commercio alla Casa Bianca, e contenente le raccomandazioni in tema di durezza degli Stati Uniti.
Il documento programmatico del dicastero guidato da Wilbur Ross ha fornito a Trump una serie di opzioni in materia di tutela negli scambi, in vista del suo pronunciamento previsto entro la metà di aprile. Per l’alluminio Ross e il suo Dipartimento presentano tre opzioni. La prima è un dazio di almeno il 7,7% su tutte le importazioni. La seconda prevede dazi mirati del 23,6% nei confronti delle importazioni di alluminio da Cina, Russia, Vietnam e Venezuela. La terza è l’imposizione di quote all’import: i Paesi non potranno superare l’86,7% delle esportazioni di alluminio negli Stati Uniti realizzate nel 2017. Per l’acciaio le misure sono altrettanto dure. La prima ipotesi è un dazio di almeno il 24% sull’import da parte di tutti i Paesi. La seconda è mirata, e prevede dazi di almeno il 53% sulle importazioni da 12 paesi, fra i quali Cina e Russia. La terza, invece, l’introduzione di un tetto all’import, con una quota del 63% delle esportazioni di acciaio del 2017 negli Stati Uniti.
«L’ultima parola è del presidente», avverte Ross, mettendo in evidenza come le raccomandazioni avanzate non trovino l’amministrazione allineata. Molti all’interno del governo – secondo indiscrezioni – non ne appoggiano infatti il pugno duro, che rischia di isolare gli Stati Uniti e innescare un effetto domino di ripercussioni commerciali e diplomatiche. Le misure sono importanti e senza dubbio rappresentano uno schiaffo a Pechino, il maggior produttore di alluminio e acciaio al mondo, rischiando di infiammare i rapporti fra le due superpotenze economiche mondiali. E potrebbero avere ripercussioni anche più ampie: se la Casa Bianca dovesse optare per dazi generalizzati nei confronti di tutti i paesi, il rischio è di problemi commerciali e diplomatici con i suoi maggiori alleati, fra i quali l’Europa, il Giappone e il Canada.
I pericoli per Trump sono quindi molti, considerato che le economie del G20 hanno già detto un secco “no” alla minaccia di dazi sull’acciaio, avvertendo che imporli rischia di innescare una pericolosissima guerra commerciale. Trump da parte sua sembra determinato, come dimostrano i precedenti pronunciamenti in materia di scambi. A partire dall’annuncio dell’imposizione di dazi del 30% sulle importazioni di pannelli solari negli Stati Uniti, e del 20% in arrivo anche per le lavatrici. Anche in quel caso si è trattato di messaggi diretti in particolare verso la Cina, principale esportatore di pannelli solari negli Stati Uniti. E frutto delle raccomandazioni della Us International Trade Commission, secondo la quale anche l’aumento delle importazioni di pannelli solari e lavatrici danneggiano i produttori nazionali.