La Stampa, 18 febbraio 2018
Così l’offensiva social contro gli Usa raggiungeva anche il nostro Paese partendo dalla base di San Pietroburgo
Troll legati al Cremlino hanno spinto in Italia, di certo nella stagione del referendum costituzionale, anche propaganda e disinformazione no euro. Possiamo dirlo spulciando fra i dati che emergono dall’inchiesta del procuratore speciale Robert Mueller (Twitter sta cancellando molte tracce). Facciamo un esempio, che si aggiunge a quelli già noti: il 17 settembre 2016, pochi mesi prima del voto, l’account finto americano, in realtà russo, «dorothiebell», ritwitta e incrementa la diffusione di questo tweet dell’account @Wildchild_d1: «La #UE finalmente alla fine. Tocca a noi dare ultima decisiva spallata! Liberiamo l’#Italia». Subito dopo, un altro: «Al referendum #iovotono». Pochissimi giorni dopo il voto, che disarciona Matteo Renzi, ci sono tweet che inveiscono contro i migranti collegando la cosa alla necessità che l’Italia esca dall’euro. Per esempio il 20 dicembre l’account priceforpierce, che si finge americano ma è della factory di San Pietroburgo, ritwitta questo tweet di @islamlie2, che cerca di strumentalizzare violentemente un fatto di cronaca: «Fabrizia @Bizia l’ennesima italiana pro Islam forse uccisa (ci auguriamo ferita) dall’Islam. Abbiate rispetto, evitate commenti».
Sono di questo tenore, i tweet italiani (nel dataset di Nbc news) spinti dalla troll factory russa che è al centro dell’atto d’accusa di 37 pagine del procuratore speciale americano Mueller. I temi e gli account italiani infiammati sono anti casta, pro M5S (coi relativi network, che si possono seguire), pro destra, no migranti, ma si legano anche alla propaganda antieuropeista, fomentando una divisione esistente nella politica italiana. Sono i mesi in cui Lega e M5S si incontrano, a Mosca, con alcuni emissari di Vladimir Putin.
La Russia è davvero intervenuta nelle elezioni Usa, e in Europa? L’ipotesi, concreta, esiste proprio grazie ai dati che Mueller ha consegnato in parte alle commissioni del Congresso e che filtrano all’esterno attraverso alcuni reporter. Anne Applebaum, una delle maggiori esperte di operazioni di disinfomazione russe, spiega: «Nonostante la cattiva pubblicità, Twitter non ha rimosso i bot (programmi per la diffusione automatica di certi tweet), e nonostante i teatrali tormenti del suo capo, Facebook non ha fatto passi per assicurare che i sistemi di pubblicità mirata non stiano ancora facendo disinformazione».
Sì, ma quanto hanno davvero inciso questi attacchi cyber filorussi in Usa e Italia? Difficile quantificarlo, per totale carenza di dati pubblici; ma il problema strutturale è che Twitter e Facebook stanno cancellando pagine e post. Dal testo dell’inchiesta federale americana emerge che si è trattato di una operazione di disinformation realizzata con una quantità limitata di fondi. Come spiega Mueller nel documento-base dell’indagine i mandanti dell’operazione di cyber attacco nel settembre del 2016 avevano un budget mensile di 1,25 milioni di dollari. Ciò significa che, mantenendo teoricamente un simile livello di spesa dal 2014, la spesa avrebbe toccato i 30 milioni di dollari da parte della «factory» di San Pietroburgo. Si tratta di fondi che, secondo Mueller, erano destinati a cyber-operazioni negli Stati Uniti. Non è dunque possibile, al momento, stimare il valore di operazioni, simili e parallele, condotte in altri Paesi. Con tali fondi i russi hanno aperto fake accounts Twitter o pagine e gruppi Facebook che si fingevano americani. Hanno usato server e Vpn (reti private) negli Stati Uniti per mascherare la località da cui operavano. E-mail americane sono state usate con documenti d’identità rubati. Con queste finte identità sono stati fatti pagamenti con Paypal o cripto-monete. I primi sette troll russi del dataset che abbiamo esaminato, per volume di attività, sono: ten_gop, pamela_moore13, crystaljohnson, southlonestar, tpartynews, thefoundingson, jenna_abrams. Molti hanno portato nei network russi almeno un tweet in italiano. Quanta gente è stata raggiunta? In un dataset abbastanza piccolo (203.482 tweet, emessi da 454 account russi), 56.038 sono tweet originali dei troll russi, specialmente su materia americana, che hanno generato 2.062.515 like, e 2.302.353 retweet. Per capirci, Twitter ha dichiarato di aver chiuso almeno 2752 account direttamente operati dalla troll factory russa, e 50 mila circa collegati.