Il Messaggero, 20 febbraio 2018
Italia divisa a metà. Chi abita al sud vive tre anni di meno
ROMA Nel nostro paese si vive più o meno a lungo in base a dove si risiede e al livello di istruzione raggiunto. Coloro che abitano a Napoli o a Caserta, ad esempio, vivono oltre 3 anni in meno rispetto a coloro che abitano a Firenze. Così come un laureato ha un’aspettativa di vita superiore di ben 5 anni rispetto a una persona con un livello di istruzione basso. A denunciare queste gravi disparità è l’Osservatorio Nazionale della Salute nelle Regioni Italiane con un focus dedicato alle disuguaglianze di salute in Italia. L’Osservatorio è un progetto nato presso l’Università Cattolica di Roma ed è stato ideato da Walter Ricciardi, oggi presidente dell’Istituto superiore di sanità.
Quello che emerge chiaramente dai dati è che al Sud Italia si vive meno a lungo che al Nord. A livello regionale questo gap è ben rappresentato dal rapporto tra Trentino e Campania. In Campania nel 2017 gli uomini vivono infatti mediamente 78,9 anni e le donne 83,3, dati che nella Provincia Autonoma di Trento diventano 81,6 per gli uomini e 86,3 anni per le donne. Il Lazio, invece, è solo a un soffio al di sotto della media nazionale, mentre la Capitale un pelo al di sopra. In generale, la maggiore sopravvivenza si registra nelle regioni del Nord-est, dove la speranza di vita per gli uomini è 81,2 anni e per le donne 85,6; decisamente inferiore nelle regioni del Mezzogiorno, nelle quali si attesta a 79,8 anni per gli uomini e 84,1 per le donne.
FIRENZE LA PIÙ LONGEVA
Scendendo più in dettaglio, il dato sulla sopravvivenza mette in luce l’enorme svantaggio delle province di Caserta e Napoli che hanno la speranza di vita più bassa d’Italia, seguite da Caltanissetta e Siracusa che palesano uno svantaggio di sopravvivenza di 1,6 e 1,4 anni rispettivamente. Le Province più longeve sono invece quelle di Firenze, con 84,1 anni di aspettativa di vita, 1,3 anni in più della media nazionale, seguite da Monza e Treviso con poco più di un anno di vantaggio su un italiano medio. Tra le motivazioni alla base di questa disparità sull’aspettativa di vita al Sud ci sarebbero fattori come la scarsa prevenzione, diagnosi più tardive, una minore disponibilità di farmaci innovativi ed una minore efficacia ed efficienza delle strutture sanitarie, ma anche gli stili di vita.
Non meno gravi i divari sociali di sopravvivenza, in Italia: un cittadino può sperare di vivere 77 anni d’età se ha un livello di istruzione basso e 82 anni se possiede almeno una laurea. Tra le donne il divario è minore, ma pur sempre significativo: 83 anni per le meno istruite, circa 86 anni per le laureate.
Anche le condizioni di salute, legate alla presenza di cronicità, denunciano sensibili differenze sociali: nella classe di età che va dai 25 ai 44 anni la prevalenza di persone con almeno una patologia cronica grave è pari al 5,8% tra coloro che hanno un titolo di studio basso e al 3,2% tra i laureati. Questo gap aumenta con l’età: nella fascia d’età che va dai 45 ai 64 anni la prevalenza di persone malate croniche è pari al 23,2% tra coloro che hanno la licenza elementare e al’11,5% tra i laureati.
L’ASSISTENZA SANITARIA
Alle disuguaglianze di salute si affiancano quelle di accesso all’assistenza sanitaria pubblica, si tratta delle rinunce, da parte dei cittadini, alle cure o prestazioni sanitarie a causa della distanza delle strutture, delle lunghe file d’attesa e dell’impossibilità di pagare il ticket per la prestazione. Nella classe di età 45-64 anni rinunciano ad almeno una prestazione sanitaria il 12% tra coloro che hanno completato la scuole dell’obbligo e il 7% tra i laureati. La rinuncia per motivi economici tra le persone con livello di studio basso è pari al 69%, mentre tra i laureati questa quota si ferma al 34%.
La difficoltà di accesso alle cure sanitarie è un problema particolarmente grave perché impatta molto sulla capacità di prevenire la malattia, o sulla tempestività della diagnosi. La stessa connotazione sociale delle persone che non accedono alle cure con quella di coloro che sono in peggiori condizioni di salute, fanno capire la stretta relazione tra i due fenomeni.