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 2018  febbraio 19 Lunedì calendario

«Riparo macchine per scrivere. Così sono sopravvissuto ai pc»

Col capo si china a guardare la vernice e le sue crepe, la ruggine incastonata negli intarsi e i caratteri ossidati dal tempo. Strizza gli occhi e con le mani abili sfila una vite dopo l’altra, fino a smontare l’intera carrozzeria di una delle tante macchine da scrivere sepolte dalla polvere degli anni. 
E, ora, è lì davanti a lui, senza coperture, con gli ingranaggi in bella vista, pronta a essere tirata a lucido, rimessa in sesto nei dettagli e nel suo funzionamento. Cristiano Casonati conosce ogni segreto delle macchine da scrivere, ogni particolare nascosto dietro al rumore di quei tasti che oggi anche solo a premere facciamo fatica. È un artigiano, di quelli di una volta, cresciuto nello storico laboratorio del padre a Milano. 
L’ODORE ANTICO 
Nato nel 1964, pochi mesi dopo che suo papà rilevò la ditta in cui lavorava. Passò pomeriggi, sabati e domeniche della sua adolescenza tra i macchinari accatastati, tra cacciaviti e antichi attrezzi. «Anche il giorno del diploma, nel pomeriggio sono corso in laboratorio a lavorare», racconta oggi che di anni ne ha 53 e non ha smesso di essere innamorato di quell’odore che sa d’antico che solo le macchine da scrivere possiedono. Da quattro anni, però, il laboratorio del padre ha chiuso i battenti, ma Cristiano non si è dato per vinto. Ha preso con sé solo qualche attrezzo, le mura attorno ora non sono più quelle della bottega di famiglia, ma le pareti di casa sua. La figlia Vittoria di appena quattro anni lo strattona per i pantaloni pronta a giocare o a farsi raccontare una storia, mentre lui è intento a lavorare, a metter le mani tra le rotelline, i pezzi d’acciaio o ’alluminio di macchine da scrivere come le Olivetti degli anni della guerra, fino a quelle assemblate solo pochi decenni fa in altri paesi del mondo. 
«Non è finita l’epoca della macchina da scrivere. Dopo anni di declino, ora sta tornando in auge», spiega, con quel pizzico di testardaggine che muove le fatiche di chi insegue le passioni. «Sono il più giovane dei vecchi o il più vecchio dei giovani in questo mestiere», racconta, «ma oggi, a farlo come si deve, siamo rimasti in cinque o sei». Lui infatti ha vissuto un’epoca di transizione, a cavallo tra l’elettronica e i computer. E se ama ricordare i pomeriggi di inverno di suo padre trascorsi a bordo di un motorino, col ghiaccio che si formava sulla sciarpa, per vendere la celebre Lettera 22, con un nodo in gola racconta degli anni ’80, quando i computer hanno iniziato a farsi strada e pian piano, nel giro di pochissimi anni, hanno spazzato via dalle aziende e dalle case della gente le macchine da scrivere. 
Ma anche oggi c’è chi continua a bussare alla sua porta. 
«Le richieste di restauro di macchine da scrivere ci sono ancora. Ricevo circa mille contatti l’anno, e comincio ad avere nuovi affezionati clienti che mi affidano la riparazione delle loro macchine», racconta. Collezionisti, professionisti come avvocati, commercialisti, architetti che vogliono aggiustare le macchine da scrivere dei padri o dei nonni per abbellire gli studi con un oggetto d’epoca e di prestigio. 
«Arrivano anche dei giovani, blogger o chi utilizza social network e vuole mostrare attraverso questi canali stampe o fotografie di documenti realizzati in dattilografia». E così Cristiano aggiusta con pazienza, con minuzia. Lui ha imparato il mestiere antico, dei tecnici di una volta. «Ogni macchina da scrivere ha una sua storia: prima di metterci mano va esaminata, studiata», spiega. Possono passare diverse ore, venti, trenta, cinquanta, perché l’opera di un restauro sia completa. Ogni tasto va ripulito, ogni incrostazione eliminata e sistemati tutti gli ingranaggi sprofondati nella polvere e nel disuso. 
NUOVE FRONTIERE 
I costi del restauro possono essere piuttosto alti, se il cliente è esigente; «ho fatto anche lavori impegnativi, da cinquecento, seicento euro, per alcune macchine che partivano in cattive condizioni. Il restauro può costare anche più del valore dell’oggetto in sé». 
Cristiano ormai ha l’occhio clinico: riconosce ogni modello al primo sguardo, ne conosce pregi e difetti, ne ricostruisce il passato con una memoria infallibile, ne racconta gli aneddoti e i particolari di storia. «Certo, i ragazzi d’oggi sono così lontani da quel mondo in cui, prima di scrivere, dovevi pensare, dovevi già avere in testa quello che andava trascritto sul foglio di carta. Col computer ci vuole un attimo a correggere. Ma sono convinto che il fascino della macchina da scrivere non morirà e un giorno mia figlia, quando crescerà, potrà capire il lavoro che sto facendo», racconta. 
Ora, però, Cristiano sente anche il bisogno di trasmettere il suo mestiere. «Sto cercando un giovane apprendista, che sia incuriosito. 
Ci vorrebbe una decina d’anni per imparare questo mestiere partendo dalle basi». 
Intanto lui fotografa mentre lavora, custodisce gli scatti dei restauri più complessi, e arricchisce di immagini e video il suo sito internet. «Mi definisco un artigiano 2.0: lavoro come si faceva decenni fa, ma comunico con gli strumenti che abbiamo a disposizione oggi».