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 2018  febbraio 19 Lunedì calendario

Con 1200 moschee abusive l’Islam mette radici in Italia

«Se andremo al governo chiuderemo tutti i centri islamici irregolari. Specie se alterano i principi fondamentali come legalità e trasparenza». Dopo le dichiarazioni del segretario della Lega Matteo Salvini, abbiamo cercato di capire quanti sono in Italia i luoghi di preghiera islamici regolari e quanti quelli irregolari. Una fotografia difficile, perché mancano statistiche dettagliate aggiornate. L’ultima completa risale a sette anni fa. Da Roma a Milano, i numeri estratti dal mondo musulmano e curati da pochi studiosi che se ne occupano in modo specifico, restano materia di nicchia. Le moschee e i luoghi di culto islamico in Italia presentano un panorama estremamente fluido, difficile da quantificare e mappare, privo purtroppo di una normativa quadro nazionale. Operano spesso nella clandestinità, cambiano facilmente indirizzo, aprono continuamente di nuovi; alcuni invece chiudono perché molti membri delle comunità che le animavano tornano nei paesi di origine. E i numeri sono in continuo divenire. Premesso questo, siamo riusciti, incrociando i dati della ricerca di Maria Bombardieri sociologa esperta di Islam italiano e docente all’Università di Padova e quelli recenti della polizia in possesso al Ministero dell’Interno, a estrarre dei numeri. In Italia oggi si contano 10 moschee, 906 luoghi di culto e 341 associazioni, per un totale di 1.257 aggiornato al 31 agosto 2016 (nel 2011 erano 769). Il primato della maggiore concentrazione lo detiene la Lombardia con 227 luoghi di culto. Seguono l’Emilia Romagna con 197, il Veneto (127) e subito dopo il Lazio (71). 
LE DIFFERENZE 
Le moschee ufficiali in Italia sono 10 nel senso di costruzioni fatte ad hoc, 5 quelle complete di minareto: Ravenna, Roma, Colle Val D’Elsa, Segrate Milano, Forlì, in ordine di inaugurazione. Tra quelle ufficiali, ci sono le moschee di Catania e Brescia. Ci sono poi le cosiddette musalla, chiamate così in lingua araba: sono semplicemente delle sale di preghiera. Spazi, cioè, adibiti a luogo di culto dalle comunità islamiche dove oltre alla preghiera, vengono svolte anche altre attività di tipo culturale e di insegnamento. Si riconoscono perché solitamente c’è una targa posta al di fuori, in arabo e in italiano, in cui c’è scritto «centro islamico» oppure «sala di preghiera» con il nome. 
La maggior parte degli ambienti di culto musulmano che abbiamo in Italia sono delle musalla. Maggiormente presenti nei piccoli paesi e frequentate per lo più da comunità etniche. Possono essere allestite ovunque, anche nei sottoscala, magazzini, sale dei palazzi che di solito sono adibite per le riunioni condominiali, negozi, supermercati in disuso. Sono quelle cosiddette irregolari. Spesso la comunità non si può permettere di pagare qualcuno che a tempo pieno possa svolgere la funzione spirituale, religiosa e cultuale. Allora vengono individuate più figure di riferimento che guidano la preghiera e che almeno il venerdì tengono la khutba, il sermone. 
Più strutturato rispetto alla musalla è il centro islamico. È una struttura con più ambienti in cui vengono organizzate più attività. È una realtà ben visibile e riconosciuta a livello comunitario, stringe relazioni tra le varie leadership islamiche e le autorità religiose e civili della città. Rispetto alla moschea, il centro islamico non ha la struttura architettonica completa di cupola e minareto ma ogni grande città ha un centro islamico riconosciuto. Vanno aggiunte le associazioni culturali islamiche che non sempre hanno un ambiente di culto perché sono finalizzate ad attività e incontri culturali. Considerando solo i luoghi in cui si recita il Corano, includendo le associazioni culturali che vantano uno spazio per il culto, negli ultimi anni si sono registrati significativi aumenti. Molti di questi sono irregolari. Nel 2011, secondo i dati della professoressa Bombardieri, la Lombardia contava 125 centri comprensivi di musalla, sale sciite, sale private (zawaya) delle confraternite sufi, su una popolazione di 341.054 musulmani (il totale in Italia è di 1,7 milioni, esclusi i centomila italiani convertiti e gli stranieri che hanno acquisito cittadinanza italiana). 
TENTATIVO UNICO 
In Emilia Romagna erano 112, in Veneto 111, in Liguria 23, in Sicilia 54 (dove la percentuale dei musulmani secondo il Centro studi ricerche Idos, è salita al 30% quanto la Lombardia, Piemonte, Marche, Emilia Romagna), 36 nel Lazio. Come abbiamo scritto, produrre una fotografia credibile sull’Islam in Italia è una operazione complessa. Nel dicembre 2016 ci ha provato l’Osservatorio per il pluralismo religioso che ha censito, col patrocinio della Regione, i centri di culto islamici in Emilia Romagna, contandone 197 (su 183mila musulmani residenti in regione), fra garage, centri islamici e minareti. Bologna è in testa con 48 centri, di cui 14 in città e 24 in provincia. Segue Modena con 27.