il Giornale, 20 febbraio 2018
Arriva la nuova Merkel. AKK guiderà la Cdu e forse pure la Germania
Berlino Aveva detto di desiderare una Cdu «più giovane, più plurale e più al femminile» e Angela Merkel lo ha accontentato. Il segretario generale del partito cristiano democratico tedesco (Cdu) Peter Tauber si è dimesso e al suo posto la cancelliera ha indicato una donna: Annegret Kramp-Karrenbauer, AKK per i colleghi di partito. Tauber lascia a una settimana dal congresso della Cdu. Il segretario 44enne che lo scorso autunno aveva postato su Instagram la foto di una flebo da una stanza di ospedale ha gettato la spugna. In un periodo in cui la Germania si è scoperta quasi ingovernabile, alla guida del partito di maggioranza relativa serve una guida salda. In molti hanno attribuito la cattiva performance del partito alla politica di accoglienza ai profughi dettata da Merkel e non certo dal timido Tauber, ma tant’è: il partito ha chiesto rinnovamento e la cancelliera lo ha concesso.
La rassicurante Annegret è fatta di una pasta diversa: 55 anni e tre figli, Kramp-Karrenbauer ha fatto carriera nella Saar, il piccolo Land sud-occidentale rientrato a far parte della Germania solo nel 1957, dopo essere rimasto a lungo nell’orbita francese. AKK ha preso le redini del governo di Saarbrücken nel 2011, mandando di lì a poco in pensione il primo esperimento di un’alleanza di governo «giamaicana» nero-giallo-verde. Quindi si è presentata alle elezioni. Nel 2012 ha confermato il 35% dei consensi dei suoi predecessori; lo scorzo marzo invece ha fatto il botto: a dispetto dei sondaggi tutti a favore della Spd di Martin Schulz che aveva da poco lasciato la guida del Parlamento europeo per sconfiggere Merkel e la Cdu, AKK ha vinto le elezioni a valanga con uno spettacolare 40,7%. Un risultato in netta controtendenza: basti pensare al -8,5% ottenuto dal partito a livello federale lo scorso settembre. Il quadro si completa aggiungendo che nell’ultimo quinquennio la signora Kramp-Karrenbauer ha risanato i conti del suo Land. Dati che, oltre alla sigla AKK, le hanno guadagnato il nomignolo di «mini-Merkel».
Seria, capace, popolare, la mini-cancelliera che l’anno scorso ha vietato nel suo Land i raduni elettorali pro-Erdogan ha anche il pregio di essere cattolica: la sua fede le restituisce un’immagine di conservatrice che la leader del governo federale ha invece perso dopo anni spesi a rincorrere le battaglie dei socialdemocratici. La scorsa estate ad esempio Angela Merkel non ha ostacolato il progetto di nozze gay approvato dal Bundestag; dalla piccola Saarbrücken la mini-Merkel ha invece opposto il suo no, ritenendo che le unioni civili bastassero. Da brava cattolica, AKK non è contro l’accoglienza per chi fugge dalle guerre, ma chiede la massima severità contro chi tenti di imbrogliare le autorità mentendo sull’origine o sull’età.
In altre parole, mini-Merkel non incarna quella svolta conservatrice auspicata da tanti nella Cdu ma rappresenta un piccolo passo in quella direzione. In una Germania dalla politica sempre più al femminile, alla poltrona di segretario generale aspirava anche la brillante Julia Klöckner, attuale vicepresidente della Cdu. Agli occhi della cancelliera, Klöckner ha però un grave difetto: non riesce a vincere le elezioni nella sua Renania-Palatinato. Con la fedelissima mini-Merkel, invece, Angela è andata sul sicuro.
Intanto uno squillo d’allarme dall’estrema destra scuote la Spd: per la prima volta in un sondaggio l’Afd l’ha superata, anche se solo di mezzo punto.