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 2018  febbraio 20 Martedì calendario

Il logorio scudetto quanto costa andare al ritmo di 100 punti

Correre a perdifiato verso un record logora, consuma, prosciuga le gambe (degli juventini, in particolare) e i cervelli, soprattutto quelli che non hanno l’abitudine a questo genere di logorio. Naturalmente si parla del Napoli e della sua agrodolce consapevolezza di dover fare un viaggio verso l’ignoto. «Se e quando supereremo la soglia degli 87 punti fatti l’anno scorso», confessa Sarri, «saremo piacevolmente obbligati a entrare in una dimensione per noi sconosciuta». Nemmeno ai tempi di Maradona e dei due scudetti, del resto, agli azzurri era capitato di marciare con un passo così spedito. Mai avevano vinto nove partite di fila, come è appena accaduto dopo il successo con la Spal. E per non passare il limite che separa il logorio dalla rottura, il Napoli ha dovuto lasciar perdere tutte le coppe: la partecipazione Champions è servita solamente per stabilizzare le finanze del club, ma è innegabile che alle uniche due partite internazionali prese sul serio ( la doppia sfida col City) sia stato pagato un pedaggio carissimo, con gli 0-0 contro l’Inter e il Chievo.
La Juve, che al contrario non lascia niente per strada, ha invece quattro giocatori fuori uso e un numero di infortuni smaccatamente superiore a quello del Napoli, al netto delle disgrazie di Ghoulam e Milik: finora i giocatori della Juve hanno saltato complessivamente 84 giornate di campionato, 20 in più dell’anno scorso che rappresentò però un’anomalia positiva, ma forse non per caso: la corsa al titolo era senz’altro meno stressante, per cui gli infortuni si ridussero di conseguenza.
Sarri deve spremere, un po’ perché crede poco alle rotazioni e un po’ perché molte riserve non sono oggettivamente all’altezza dei titolari, per cui anche la gestione dei rari acciacchi, tipo quelli di Albiol e Chiriches, è stata una questione delicatissima da affrontare. L’ampiezza della rosa consente invece ad Allegri di chiedere ai suoi di forzare sempre la prestazione sia in allenamento sia in partita ( da qui l’alto numero di infortuni muscolari e articolari) perché poi può concedere periodi di respiro a chiunque (finora il più impiegato è stato Higuain, però già finito in panchina quattro volte) e può permettersi di non affrettare mai il recupero di nessuno e chi rientra lo fa in maniera graduale, uno spezzone dopo l’altro, Dybala compreso e fino al caso estremo di Marchisio, che quest’anno è già stato dieci volte senza giocare neanche un minuto, una condizione che lo sta facendo riflettere: a fine stagione, se la situazione non cambierà, potrebbe decidere di andarsene dopo 25 anni di Juve.
Le due squadre che dominano la Serie A sono comunque in salute. A Napoli la condizione generale del gruppo è buona e, dopo il lifting di metà gennaio, la benzina per arrivare fino in fondo c’è. A Torino la situazione è analoga e il sistema delle rotazioni, che coinvolgono persino i portieri, garantisce freschezza collettiva, ma è chiaro che la prospettiva cambierebbe se la Juventus dovesse andare avanti sia in Champions sia in Coppa Italia ( tra una settimana c’è la semifinale di ritorno con l’Atalanta), portando fino all’estremo la sua strategia. D’altronde vie di mezzo non ce ne sono: continuando a viaggiare a questi folli ritmi, per vincere lo scudetto serviranno 100 punti. Quando Conte ne fece 102, record assoluto, correva da solo: oggettivamente, tutto un altro stress. Ma per centrare il primato, che viveva come un’ossessione, dovette comunque sacrificare sia la Coppa Italia sia l’Europa League, quasi come Sarri adesso. E al contrario di Allegri, che invece si stressa solo quando non ci sono imprese da fare.