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 2018  febbraio 20 Martedì calendario

Siriani e curdi contro i turchi

ISTANBUL Una bomba a orologeria sta sinistramente ticchettando ad Afrin. Nell’enclave curda in Siria attaccata un mese esatto fa dalle forze armate turche convergono in queste ore anche i soldati di Damasco, per proteggere la minoranza nella regione. Il rischio è che i due eserciti si trovino uno di fronte all’altro, in un’area già ad altissima tensione.
È uno sviluppo militare importante nella guerra di Siria, destinata a marzo al suo settimo tragico anniversario. Ma pure diplomatico. Secondo informazioni uscite ieri dalla Bbc in arabo, il gruppo dello Ypg, le Unità di protezione popolare, composte a maggioranza di combattenti curdi, si sarebbero accordate in proposito con Damasco. Intesa negata da un loro portavoce. In ogni caso è ufficiale che le forze di Bashar al- Assad, come ha annunciato l’agenzia siriana Sana, “arriveranno ad Afrin nelle prossime ore per sostenere la popolazione locale nell’affrontare l’aggressione lanciata dal regime turco”.
Il consigliere politico di Assad, Bouthaina Shaaban, ha spiegato che la Siria continuerà a combattere «aggressori» e «invasori», quali che siano, Israele, Stati Uniti o Turchia. E ha puntato il dito contro l’invasione turca di Afrin, denunciando la violazione degli accordi sulle zone di de-escalation voluti da Turchia, Russia e Iran. Damasco risulta in piena offensiva: se da un lato accorre per non perdere Afrin, dall’altro tenta di riprendersi Goutha, sobborgo ribelle della capitale, dove quasi 400mila civili vivono assediati e ieri almeno 44 civili sono rimasti uccisi nei raid.
Pure le Forze armate turche continuano imperterrite ad avanzare dentro l’enclave. Difatti la reazione da parte del governo controllato da Recep Tayyip Erdogan non si è fatta attendere. Il patto curdi- Siria è considerato da Ankara inaccettabile. «Se davvero il regime siriano vuole entrare ad Afrin per proteggere il Pyd-Ypg nessuno fermerà i nostri militari», ha tuonato il ministro degli Esteri, Mevlut Cavusoglu. «Eliminare i terroristi è l’obiettivo dell’operazione Ramoscello d’ulivo. Bisogna capire per quale motivo Assad entrerebbe ad Afrin. Se per combattere i terroristi, nessun problema. Ma se vuole difenderli, allora nessuno fermerà i soldati turchi». Ankara considera terroristi i combattenti curdi, ritenuti dagli americani essenziali nella lotta al sedicente Stato Islamico.
Mosca sembra voler dare ragione ad Assad. «Abbiamo ripetutamente affermato – ha dichiarato il ministero degli Esteri, Sergei Lavrov – che sosteniamo pienamente le legittime aspirazioni del popolo curdo. Riteniamo sbagliato che qualcuno approfitti delle aspirazioni del popolo curdo per i suoi giochi geopolitici che non hanno nulla a che fare con gli interessi dei curdi e della sicurezza regionale».
Così nel pomeriggio Erdogan ha prima telefonato a Vladimir Putin, avvertendolo di essere pronto ad andare fino in fondo ad Afrin, ma promettendo di proseguire la cooperazione in Siria con Mosca. E poi con il presidente iraniano Hassan Rohani. Un accordo capace di salvare l’intero quadro potrebbe prevedere l’ingresso nell’enclave di 4 mila soldati siriani, con un corridoio controllato da miliziani sciiti filo- iraniani. Damasco tornerebbe così ad avere la sua finestra alla frontiera turca, persa più di 5 anni fa. E la Turchia, attraverso la Russia, potrebbe raggiungere un negoziato a tre sul futuro della Siria.
Il 14 marzo infatti i ministri degli Esteri di Russia, Turchia e Iran si incontreranno per preparare un nuovo meeting fra i leader: Putin, Erdogan e Rouhani si vedranno ad aprile, a Istanbul.