Corriere della Sera, 20 febbraio 2018
Rino Gattuso senza confini
MILANO Ha cancellato Montella con la semplicità del lavoro. Rino Gattuso, imbattuto in questo 2018 d’oro per il Milan, non si è inventato niente di strano. La sua ricetta è semplice: sintonia con l’ambiente, intensità negli allenamenti, chiarezza con il gruppo. I tifosi si sono riappropriati dell’orgoglio milanista e i più ottimisti stanno puntando la zona Champions League, l’obiettivo troppo in fretta sbandierato da Fassone e Mirabelli dopo un’estate pirotecnica sul mercato.
I numeri danno fiducia. Il Milan ha vinto cinque delle ultime sei partite di campionato e in questo breve lasso di tempo ha rosicchiato 6 punti alla Roma, 7 alla Lazio, soprattutto 9 all’Inter, cioè le tre squadre che lottano dietro Napoli e Juventus. Ringhio, sino adesso, non ha sbagliato una mossa. La scelta del d.s. Mirabelli sembrava un modo per tamponare l’emorragia dopo l’esonero dell’aeroplanino e in attesa di Conte, o magari Ancelotti. Oggi, invece, tutti a Milanello sono innamorati del vecchio centrocampista che ha fatto la storia nell’era Berlusconi e ha regalato il primo sorriso alla nuova proprietà cinese, che non sta vivendo ore serene. La conferma si avvicina partita dopo partita e il nuovo contratto è pronto.
Gattuso predica la politica dei piccoli passi e dopo la miglior partita della stagione dice che «ancora non so qual è il mio Milan». Sa però, e non è poco, cosa deve fare: giocare senza paura, non buttare via il pallone, costruire il gioco partendo dalla difesa. Due cose, in questi mesi duri ma felici, lo hanno ferito: il fatto che venga considerato aziendalista e accetti suggerimenti sulla formazione, tanto da scatenare una risposta piccata e colorita («tutte sciocchezze»). E soprattutto che sia considerato un allenatore solo «cuore e grinta». Mentre Gattuso studia e si applica: «Ho fatto copia incolla del lavoro di Giampaolo», confessa. Il tecnico della Samp appena battuta è il punto di riferimento tattico. Carlo Ancelotti, invece, l’esempio per la gestione dello spogliatoio.
Per adesso Rino ha vinto molte partire, sul campo e fuori: azzerando il turnover e rifacendo completamente la preparazione atletica. Anche tenendo sulla corda tutti i giocatori, compresi quelli che non giocano: «L’allenatore è una componente importante, però se non hai gente che ci mette passione e senso di appartenenza diventa tutto più difficile». Il simbolo del suo Milan è Calhanoglu, il migliore contro i doriani, il grimaldello (insieme a Suso) con cui aprire le difese avversarie. Ma sono tanti quelli rilanciati dall’ex tecnico della Primavera: da Biglia al giovane Calabria, da Bonaventura, che con lui ha già segnato 5 gol, sino a Bonucci, che lo loda: «Impressiona per la carica che trasmette. Non ho mai visto niente di simile. Ora abbiamo fatto squadra e puntiamo a grandi obiettivi».
Tre mesi fa il quarto posto era lontano 12 punti, adesso solo 7. Sampdoria e Lazio sono il termometro del cambiamento radicale della squadra tra andata e ritorno. Un girone fa, il Milan aveva perso male con l’una e con l’altra, adesso si è preso una bella doppia rivincita. Il punto di partenza verso l’infinito. Nessuno può sapere sin dove arriverà la rincorsa di Gattuso. Il ritorno con il Ludogorets, nei sedicesimi di Europa League, è una passeggiata, ma subito dopo Ringhio e la sua banda sono attesi dai dieci giorni che potrebbero indirizzare la stagione del Diavolo: Roma e Lazio (nella semifinale di Coppa Italia) all’Olimpico e il derby con l’Inter. «Le vittorie sono come le ciliege, più ne mangi e più ne vorresti», dice Gattuso alla televisione araba.
L’aria è cambiata, insieme ai risultati. Dieci partite senza sconfitta, soprattutto sette in campionato come non succedeva dal febbraio 2016, due anni fa. Ora comincia un’altra sfida, più intrigante e difficile. In ballo ci sono anche le Coppe. Ma il nuovo Milan, rosso come la faccia di Gattuso, non ha più paura di niente.