Il Sole 24 Ore, 20 febbraio 2018
Siria. Rischio collisione Damasco-Ankara. In uno scenario sempre più incontrollabile spunta una nuova alleanza tra il regime di Assad e i curdi dell’Ypg
Ufficialmente nemici, in pratica alleati contro la Turchia. In una guerra ormai incontrollata, dove le alleanze si forgiano e si disfano a seconda delle contingenze, il regime di Damasco avrebbe concluso un accordo militare con le milizie curdo-siriane, in teoria forze dell’opposizione siriana che controllano oltre un terzo del Paese.
Secondo l’accordo, confermato sia da fonti siriane che curde, Damasco invierà in questi giorni milizie governative – da schierare sul confine – ad Afrin, il cantone della Siria settentrionale controllato dai curdi contro cui la Turchia ha lanciato il 20 gennaio una grande offensiva militare utilizzando 10mila miliziani dell’esercito libero siriano, il primo grande movimento armato dell’opposizione.
Il “dopo Isis” sta aprendo un vaso di Pandora. L’obiettivo della campagna militare, più volte ribadito dal presidente turco Recep Tayyp Erdogan, è spazzare via la presenza delle milizie curdo-siriane – le Ypg – non solo da Afrin ma anche dai territori della Siria settentrionale vicini alla frontiera. Ma proprio le Ypg si sono rivelate gli indispensabili scarponi sul terreno utilizzati con successo dalla coalizione contro l’Isis guidata dagli Stati Uniti. Ognuno vede i curdi con occhio diverso. Per il governo turco altro non sono che terroristi, la longa manus in Siria del Pkk, il movimento secessionista curdo attivo in Turchia. Per gli Usa sono invece alleati così preziosi da ricevere armi e addestramento militare dal Pentagono.
L’offensiva turca ha sparigliato le carte, costringendo gli alleati dei curdi – decisi a non recidere i rapporti con la Turchia – a improvvisare equilibrismi diplomatici.Gli Usa hanno inizialmente tollerato l’operazione contro Afrin – riconoscendo le preoccupazioni di Ankara per la propria sicurezza – ma hanno ribadito di non volersi ritirare dalle altre zone curde dove stanno addestrando le Ypg. Come a Manjib, dove Erdogan intende estendere la sua operazione.
Anche la Russia, la potenza internazionale con più influenza in Siria, si trova in una situazione difficile da gestire. Il Cremlino, che di fatto controlla lo spazio aereo su Afrin, ha assunto iniziative apparentemente contradditorie. In principio ha dato il via libera all’offensiva turca, permettendo alla sua aviazione di bombardare Afrin. Ma ciò che preme a Mosca è il successo militare di Damasco e il mantenimento dell’integrità territoriale della “Vecchia Siria” (così come per il regime). Pur affermando di comprendere le preoccupazioni turche, Mosca sembra appoggiare l’accordo tra curdi e Damasco. E preferisce puntare il dito contro gli Stati Uniti. «Stiamo assistendo a un tentativo di usare i curdi in un gioco geopolitico che non ha nulla a che fare con i loro interessi», ha detto il ministro degli Esteri russo Serghej Lavrov, aggiungendo: «Abbiamo ripetutamente affermato che sosteniamo pienamente le legittime aspirazioni del popolo curdo».
Uno scenario che prefigurerebbe un’escalation tra Turchia e Russia, due potenze con interessi opposti in Siria che tuttavia hanno da mesi intensificato le relazioni diplomatiche. Probabilmente in chiave anti-americana. Davanti alla determinazione dei turchi, il presidente russo Vladimir Putin, in un colloquio telefonico, ha cercato di fare il punto con Erdogan sulla situazione ad Afrin. La nota diffusa subito dopo dal Cremlino è improntata all’ottimismo. Si sarebbe aperta una «dinamica positiva» per lo sviluppo della cooperazione russo-turca. Ma la risposta di Erdogan è diversa.La Turchia «continuerà la sua avanzata verso Afrin con determinazione», avrebbe detto a Putin, arrivando a parlare di «conseguenze» in caso di dispiegamento di forze siriane.
Ad Afrin è in corso una guerra di propaganda.Ankara sostiene di aver finora «neutralizzato» (uccisi, feriti o fatti prigionieri) 1.641 miliziani Ypg e di aver conquistato 72 località. Per le Ypg il bilancio delle perdite turche è molto più ampio dei 33 militari uccisi.
Tutto è ancora confuso. A cominciare dall’alleanza tra i curdi e Damasco. Se è vero che dal 2011 non si sono quasi mai confrontati militarmente (Damasco ha ritirato i suoi soldati dalle zone curde per dirigerli nelle aree di maggior conflitto),la loro alleanza potrebbe rivelarsi in futuro effimera, e addirittura inesistente in altre aree del Paese, soprattutto nelle zone dei giacimenti petroliferi tra Raqqa e Deir Ezzor. Le prossime settimane ci diranno se si sarà davvero aperto un nuovo fronte nella guerra civile siriana.