Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2018  febbraio 18 Domenica calendario

Neri Pozza, l’editore dei grandi «irregolari»

Una vita da mediano, quella di Neri Pozza. Sempre in mezzo ai libri, in lotta con le difficoltà economiche che non gli impedirono mai di essere uno dei più grandi editori italiani del Novecento pur non volendo mai abbandonare la natia Vicenza. Vita da editore (Neri Pozza, pagg. 331, euro 17,50), a cura di Angelo Colla, raccoglie le lettere scritte da Neri Pozzatrail1949eil1962adautorie collaboratori nonché una parte degli scritti dedicati dall’editore ai propri scrittori prediletti ed odiati amati. Uomo che visse la professione di editore con una passione civile e religiosa. Moderno, quando l’orizzonte letterario non appariva diverso da quello odierno. Netto nei giudizi, negli amori e nelle idiosincrasie, ma soprattutto uomo libero, legato alla semplicità dello stile (che chiamava da sillabari) ed alla perfetta autonomia di giudizio. 
PAESE SOTTOSVILUPPATO 
Sentite cosa scriveva nel 1967 (9 febbraio): «Dov’è in Italia l’uomo autorevole, la voce ascoltata, la personalità critica capace di imporre il suo punto di vista ai lettori di un Paese culturalmente sottosviluppato come il nostro, se basta il chiasso mondano di un premio letterario a far la fortuna di un romanzo meno che mediocre?». L’Italia, un paese sottosviluppato che, nel 2018, non è cambiato di una virgola. 
Compì in vita scoperte autoriali notevoli. La sua pietra più preziosa un ragazzo giovane, anzi giovanissimo, che gli portò il primo romanzo volendo addirittura leggerglielo a voce per un pomeriggio, una notte ed il mattino successivo. Il risultato? Pozza lo mandò al tipografo per la stampa. Lui, l’autore, si chiamava Goffredo Parise e il romanzo Il ragazzo morto e le comete. Avrebbe pubblicato il libro con una postilla ostinata apposta in calce, in cui si dissociava dal fatto che l’autore non avesse voluto limarne alcuni passaggi. Neri Pozza scoprì Parise ma quest’ultimo non gli perdonò l’intromissione. 
Pozza lo spinse però nelle braccia di altri perché per quanto non gli perdonò di essere divenuto un autore di cassetto già con Il prete bello non aveva voluto tarparne le ali avendone riconosciuto il talento: «Fui io a sollecitare Parise ad andare da Garzanti, lo sollevai cioè da un debito morale, che vagamente sentiva perché, fatte le gambe, ognuno dovrebbe andare per la propria strada e non sentire troppo il peso della gratitudine. E non mancai, vedendo spesso Parise, di raccomandargli la prudenza e la serietà di lavoro della quale aveva dato prova nel primo libro» 
11 giugno 1954, ad Antonio Barolini. Non gli lesinerà le critiche, anche impietose, ma pur sempre dettate da quella pulsione morale per cui si accaniva sui propri autori da cui voleva spremere il meglio: «Quello che io ho fatto per te, e che comunque ho fatto per un amico, aveva un solo scopo: mostrarti che il lavoro dell’artista non va disgiunto da quello dell’artigiano paziente, che non si stanca di restare sulla pagina, e la lima e la perfeziona con amore continuo» a Parise, il 7 ottobre 1950. 
IL RAPPORTO CON DINO 
Quello che invece fu un rapporto molto più sereno, ed anzi gioioso, pieno di concordia nel senso latino dell’espressione (cum cordis, due cuori che battono all’unisono, insomma) fu quello con Dino Buzzati. Pozza ne era come rapito, invaso da quell’uomo con gli occhi a capocchia di spillo, che distillava racconti orrifici e bellissimi dalla sua ridotta notturna di Via Solferino, dedito al Corriere come ad una madre amante vorace: «Siccome mi sei simpatico (io amo molto le persone un po’ malinconiche e piene di fermenti, che mettono lune e sognano miliardi), credo che ti aiuterei, a parole e, potendo, coi fatti, a far cose straordinarie. Tu hai poca fiducia nell’esplosione che ti porti dentro. E in fondo, siccome sei poeta, sei un timido» lettera a Buzzati del 9 marzo 1951. 
Gli pubblicherà un libro che Dino pensava fosse minore (In quel preciso momento) «È mio perfetto convincimento che il libro che Lei mi sta preparando è un libro serio, vivo, necessario alla Sua storia di scrittore...Le dirò invece che è la chiave per entrare nel Suo mondo» 26 aprile 1950. Era una raccolta di racconti, folgorazioni, aforismi, pensieri, che vide la luce nel 1950 (andando a ruba) e nel 1955 sempre per Neri Pozza ne sarebbe uscita una nuova versione maggiorata di altre 40 storie (una delle più famose Nella casa sinistrata) per infine approdare da Mondadori per i cui tipi nel 1974 sarebbe uscita un’edizione vieppiù aumentata. 
Per uno come Buzzati era disposto a «prendere un piroscafo e andare in America». Buon sangue di editore non mente.