Libero, 18 febbraio 2018
Il lavoro c’è. Manca chi lo faccia
Oltre un milione e 200mila nuovi posti di lavoro. Sono quelli che le imprese italiane, dalle grandi alle piccolissime, pensano di creare da qui alla fine di marzo. I dati in realtà, riguardano il primo trimestre dell’anno. Ma arrivano solo ora.
I numeri sono contenuti nel Bollettino Excelsior, realizzato da Unioncamere in collaborazione con l’Anpal, l’Agenzia nazionale per le politiche attive istituita dal Jobs Act.
Il traguardo di oltre 1,2 milioni di nuovi assunti nei primi tre mesi dell’anno è a portata di mano, visto che soltanto a gennaio, si sono concentrate, secondo le anticipazioni fornite dagli imprenditori, oltre 491mila «nuove occasioni di lavoro». La definizione non è casuale. Si tratta di posizioni che le imprese italiane devono coprire, assumendo nuovo personale. E qui arrivano le dolenti note: un posto su quattro è destinato a rimanere scoperto. Ben 300mila posizioni non avranno chi le occupa. Senza contare laureati e personale ultraspecializzato, che si aggiungono a questi «introvabili».
Ma andiamo con ordine. La mansione più richiesta a gennaio è stata quella di addetto alle vendite, con 42.380 posti disponibili. Di questi, però, oltre 7mila rimarranno vuoti. Per mancanza di candidati con i requisiti minimi richiesti. La seconda mansione più gettonata è quella di addetto alle attività di ristorazione, con 39.520 offerte. In questo caso la percentuale di posizioni difficili da reperire e destinate a restare vacanti sale al 21,6%. Non si sono trovati oltre 8,500 fra cuochi, aiuto cuochi, camerieri, addetti di sala.
SCARSA PREPARAZIONE
Il mismatch, vale a dire il mancato incontro fra offerta e domanda di lavoro, a gennaio ha pesato in media per il 25%, risalendo rispetto ai mesi precedenti. Ed è particolarmente marcato per alcuni mestieri, che richiedono una solida preparazione di base e un minimo di esperienza. Non si riesce a trovare, ad esempio, quasi il 37% dei 13mila fra artigiani e operai specializzati addetti alle rifiniture delle costruzioni. E addirittura il 41% dei 12mila fra meccanici, montatori, riparatori e manutentori di macchinari. Dato, quest’ultimo, che sconta l’inadeguatezza dei nostri istituti tecnici e soprattutto professionali. Alla fine del percorso di studi i ragazzi non hanno le conoscenze né quel minimo di «pratica» che consentirebbe loro di mettersi sul mercato. E trovare rapidamente un’occupazione.
Ma c’è una vasta area grigia fatta ugualmente di posti non coperti, che pure non richiedono particolari abilità, tecniche o manuali che siano. È introvabile il 10,3% del personale non qualificato nei servizi di pulizia, oltre 3.600 addetti sui 36.280 posti disponibili. Come pure si fatica a reperire un quarto dei 27.790 autisti. E fanno ben 7.392 persone destinate a rimanere a piedi, in tutti i sensi.
CERCANSI MANOVALI
Spicca pure quel 16,3% di impiegati addetti alla segreteria e agli affari generali che le aziende assumerebbe anche domani. Ma non si trova. E fanno altri 3.600 posti vacanti. Cui si aggiungono i 1.330 operai «non qualificati» nella manifattura.
Difficile spiegare il perché di queste mancate risposte alle chiamate delle imprese. Soprattutto alla luce delle caratteristiche ricercate, che non comportano una preparazione particolare. Non si tratta di esperti meccatronici o addetti ai robot industriali. Banalmente di segretarie, pulitori e manovali. Mestieri che esistono da tempo immemorabile e sono rimasti uguali a loro stessi dal svariati decenni. In parte il mancato incontro fra domanda e offerta, è senz’altro riconducibile al cattivo funzionamento del mercato del lavoro, nella sua componente pubblica, i Centri per l’impiego. Ma dev’esserci anche dell’altro. Forse che manchi la voglia di ricoprire questi ruoli?