Libero, 17 febbraio 2018
C’è un nuovo Balotelli
Ce l’ha detto lui, alla sua maniera, senza parlare, senza dovere sforzarsi di raccontare a giornalisti estranei, gente di cui non gliene frega niente. Tanto esistono i social network, e Mario Balotelli comunica così, da uno smartphone. Facebook, Twitter, Instagram, dove tra un video da ganassa e una foto dei suoi figlioli incorniciata di cuori, ha postato una vignetta pubblicata da qualcuno in Francia: nella metà superiore, il ragazzo scuro ha la maglia del Manchester City, una faretra piena di frecce, alcune sono conficcate in una casa che sta andando a fuoco.
Nella parte inferiore, il ragazzo ha una maglia rossonera, la faretra c’è sempre, ma le frecce sono tutte nel centro di un bersaglio. Sono sempre quello dei dardi ai ragazzini del City, è il messaggio: ma ora so dove lanciarli, e non sbaglio più. Meglio giocare a pallone benissimo pagato e segnare per cercare l’emozione buona per riempirsi. Mario se ne è accorto a 27 anni in un posto meraviglioso e periferico insieme, Nizza.
VIVA L’ESILIO
In esilio calcistico, pur rimanendo in qualche modo sulla strada maestra dello stardom, con addosso altre strisce rosse e nere dopo quelle del Milan, la squadra del cuore che come l’Inter, gli inglesi, la Nazionale, a un certo punto ha alzato bandiera bianca. Game over, tempo scaduto, il pazzo Balotelli è incurabile: e allora, non restava che un club francese di media portata e dal prestigio internazionale nullo per cominciare un prematuro declino, immaginato da tutti ma proprio da tutti come scansionato in mille squadrette inutili, mille Paesi sempre più lontani, buoni solo per mantenere grasso il conto in banca, l’unica cosa a cui paressero realmente interessati Lucignolo Balo e il suo ineffabile Mangiafuoco, Mino Raiola.
E invece c’era anche o soprattutto voglia di tranquillità, in quella testa rasata e particolare. In Costa Azzurra si sta da dio, c’è una luce forte, non occorrono troppi e fastidiosi riflettori. La Ligue 1, poi, è un posto migliore della Serie A per chi vuole vivere con leggerezza il mestiere di tirare pedate a un pallone.Unannoe8 mesi dopo, dall’esilio di Mario sono arrivate cartoline social con sempre più sorrisi, corse in hummer sulla Corniche, con una stupefacente serenità punteggiata dalla nuova paternità, perché a settembre a Pia si è aggiunto Lion, avuto dalla nuova e come sempre bombastica compagna, Clelia. Family first, prima la famiglia, scrive nelle didascalie delle immagini private. Ma soprattutto sono arrivati i gol, tanti, una marea: in questa stagione, tra campionato ed Europa League, siamo già a quota 21, 13 nelle ultime 13 partite da titolare, solo Ciruzzo Immobile, tra i made in Italy, ha segnato di più. E complessivamente, a Nizza, sono 38 in 55 partite ufficiali, che valgono il titolo di cannoniere del club nel nuovo millennio.
La butta dentro quasi sempre, Supermario, con quei traccianti che partono da entrambi i piedi, di testa, coi calci da fermo. La curva diventa matta per lui, mister Favre ogni tanto deve stringere i denti, ma il gioco vale la candela. Durante uno dei primi allenamenti, visto un certo andazzo, lo invitò a correre di più: Balo gli rispose davanti a tutti che allora avrebbe dovuto prendere Usain Bolt. Nonché punirlo, il tecnico ha incassato la risata del gruppo e ha tirato avanti, ottenendo in cambio col tempo un Mario corridore come mai si è visto dalle nostre parti. Nel mezzo del cammin della sua vita su un campo da gioco, Balotelli non è più perso, anzi.
DI BIAGIO TENTATO
Sempre da maneggiare con cura, per carità, ma c’è. Qualcuno sta valutando, eccome, se andarlo a ripescare dal mare di Nizza, alla Juve ci hanno pensato, Raiola è un amico. Ma prima di tutto il calciatore Mario, mancato Pallone d’Oro secondo lui stesso, può e deve ritornare in una Nazionale a pezzi, caduta insieme a lui nel 2014 e ancora lacera, nella polvere, senza il Mondiale. Laggiù, in Brasile, sul banco degli imputati ci finì lui, Balo, incriminato dal pm Buffon, lo stesso che oggi non vuole arrendersi al tempo. Di Biagio li chiamerà, tutti e due: e la piccola vendetta di SuperMario saranno le perplessità sulla chiamata del suo ondivago capitano, decisamente superiori rispetto a quelle sul suo meritato rientro in azzurro. Che per lui, garantito, sarà solo gioia, un altro post bello nella bacheca di uno che ha capito come si fa a vincere la partita. Forse, eh? Stiamo a vedere.