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 2018  febbraio 16 Venerdì calendario

Ma i ricoveri regolari ormai hanno costi folli con rette che superano i 3mila euro al mese

 Chiariamo subito: non è una scusa e non è una giustificazione. Che le rette delle case di riposo tricolori siano sempre più care e sempre meno abbordabili non significa che sia lecito cercare soluzioni «alternative». Specie se queste coincidono con strutture non organizzate, prive di licenza e senza l’assistenza necessaria a curare e gestire le persone anziane. E però mantenere i nostri nonni in ricoveri certificati può diventare veramente oneroso. 
In Italia le tariffe medie stazionano intorno ai 1.500 euro al mese, praticamente uno stipendio, ma certe direzioni arrivano a spillare addirittura il doppio. Ovvio, a contribuire all’esborso è quasi sempre il diretto interessato con la propria pensione e i contributi locali variano da ente a ente (Regione che vai, insomma, aiuto che trovi). Eppure per le famiglie e i figli che proprio non possono sobbarcarsi l’impegno di tenere i genitori in casa coprire la quota mancante rischia di non essere una passeggiata. I più fortunati sono i vecchietti del Sud che in certi casi se la cavano addirittura con 650 euro mensili, ma al Centro e al Nord le rette in questione s’ingrossano. 
CARA MILANO 
A Milano, per esempio, la «stangata» ha recentemente sfondato il tetto dei 3mila euro, con buona pace dei vertici della Lombardia che (consapevoli della gravità della situazione) provano a metterci una pezza. E cioè un «contributo sperimentale» di mille euro a tutto vantaggio dei pensionati più bisognosi. Sotto la Madonnina ci sono 68 Rsa (residenze per anziani) con quasi 9mila posti e un solo giorno di degenza può costare 101 euro. Al mese, basta prendere la calcolatrice, fa 3.030. Non proprio bruscolini. 
AUMENTI CONTINUI 
Ma pure in Friuli Venezia Giulia il rincaro è di quelli consistenti, visto che va, stando alle rilevazioni di inizio 2018, da un minimo di venti centesimi a un massimo di quattro euro al giorno, quindi 1.460 euro all’anno. Una tredicesima.

A Treviso, l’anno scorso, gli 840 ospiti degli ospizi comunali si sono trovati sul conto la bella (si fa per dire) sorpresa di un aumento pari a 730 euro rispetto al 2016. Alle prese col portafoglio e i risparmi di una vita ci sono anche gli anziani di Pordenone, di Rovigo, del Trentino Alto Adige, di Chiavari, di Recanati. Potremmo continuare all’infinito. 
CODE INFINITE 
Così come infinite sono le liste d’attesa per accaparrarsi gli ultimi letti disponibili. A Brescia i nonnini che aspettano di poter mettere piede in una struttura pubblica sono circa 6mila, un vero e proprio esercito canuto. 
In Liguria 831 over80 stanno bussando in queste ore, e pure invano, alle porte dei vari ospizi ufficiali e dei centri Alzheimer abilitati. Le richieste, non soddisfatte, abbondano anche a Sondrio, a Savona, a Pavia, a Mantova e a Trento. Non è facile districarsi nella giungla della burocrazia sanitaria e, a ben vedere, non è nemmeno economico. Quando una manciata di mesi fa l’Auser, l’associazione per l’invecchiamento attivo, ha provato a fotografare il fenomeno dell’assistenza italiana alla terza età si è trovata davanti dati preoccupanti: negli ultimi anni 561mila famiglie hanno dovuto dar fondo alle proprie casse private, e in certi casi addirittura vendere la propria abitazione, per pagare le cure dei parenti anziani.