Libero, 16 febbraio 2018
Il nuovo boom italiano? Gli ospizi abusivi
L’ultimo caso è saltato fuori una manciata di giorni fa a Copparo, in provincia di Ferrara. La casa di una coppia di anziani trasformata in un ospizio abusivo, due badanti improvvisate infermiere (senza uno straccio di titolo che ne garantisca la professionalità) e dieci posti letto raffazzonati alla meno peggio, anzi stipati alla bisogna dentro un solo appartamento. A correre dalle forze dell’ordine, col cuore a metà tra lo sgomento e il timore per i propri genitori, è Patrizia, la figlia di questi due vecchietti che, purtroppo, hanno bisogno di assistenza giorno e notte. Insospettita dal via vai di deambulatori e carrozzine dentro l’androne del palazzo dove vivono mamma e papà, e con la pulce nell’orecchio messa da alcuni vicini, Patrizia suona il campanello di famiglia. Ma al posto dei convenevoli di rito si trova davanti una casa di riposo non autorizzata, figuriamoci se voluta, e sicuramente poco attenta alle esigenze dei suoi «ospiti». Così in procura ci finiscono in due, sono le donne di 55 e 56 anni che avrebbero dovuto prendersi cura di quei pensionati e invece hanno pensato di allargare il loro personale giro d’affari sulla pelle della terza età. Adesso dovranno fare i conti con l’accusa di circonvenzione di incapace: non solo hanno gestito una struttura sanitaria illecita, ma l’hanno pure fatto usando i locali dei due anziani. «In cambio della proprietà dell’immobile vi garantiamo l’assistenza di cui avete bisogno», era il patto. E loro ci sono cascati.
DA NORD A SUD
Sembra incredibile, e per certi versi lo è davvero. Ma la cosa veramente sconvolgente è che quello di Copparo non è un episodio isolato, capitato una volta soltanto e corredato dalla (giustificata) indignazione collettiva. Al contrario: è solo l’ennesimo capitolo di un fenomeno oramai consolidato che, in barba a qualsivoglia legge, prima di tutto il buonsenso, sta mettendo in imbarazzo il settore degli aiuti agli anziani. Dal Lazio alla Puglia, dall’Abruzzo all’Emilia, carabinieri e poliziotti sono impegnati in una serie di blitz quotidiani nei ricoveri (illegali) dello Stivale.
A Teramo, un paio di mesi fa, il nucleo antisofisticazioni dei militari tricolori ha scoperto una «casa famiglia» dove i malcapitati erano tenuti in condizioni fatiscenti e in cantina erano ammucchiati 200 chili di cibo, segno che l’attività aveva in programma di non chiudere i battenti troppo presto.
Ad Anguillara Sabazia (Roma), più o meno nello stesso periodo, cinque anziani sono stati portati via di peso da una «comunità-alloggio» che non forniva loro nemmeno l’acqua potabile. A Foggia, nel 2017, le autorità hanno messo i sigilli su una Rsa di cui alla Asl locale non aveva sentito parlare nessuno: il personale (abusivo) si faceva pagare la bellezza di mille euro al mese dai parenti per somministrare ai nonnini di turno farmaci non originali e per tenerli in quattro stanze piene zeppe, quello sì, di barriere architettoniche. Manco in carrozzina potevano girare.
FURBETTI IN CAMICE
Il tutto al netto dei «servizi» che, spesso, in queste situazioni definire precari è un eufemismo. Certo, le case di riposo ufficiali non sono uno scherzo per il portafoglio e le liste d’attesa restano un problema. Però lì, almeno, l’assistenza è sicura. E invece i paramedici fai-da-te che imperversano da Palermo a Perugia di garanzie ne danno ben poche. Intendiamoci, non sempre l’ospizio illecito diventa un ricovero-lager. Quando va bene è solo la qualità dell’assistenza a fare cilecca. Quando va male i dolori sono anche maggiori.
Il boom in questione, però, è ben noto agli addetti ai lavori: già nel 2010 l’Auser, l’associazione per l’invecchiamento attivo, metteva nero su bianco che le irregolarità annue (legate a strutture non idonee, a carenze igienico-sanitarie di qualsiasi tipo, alla mancanza di agibilità delle stanze predisposte) erano più di 1.200 e gli abusi «smascherati» dalle indagini bollate erano stati ben 286. Un numero che, a scorrere le cronache più recenti, sembra tutt’altro che diminuito.
A Partinico, in Sicilia, i Nas hanno sorpreso otto anziani non autosufficienti in un ricovero irregolare: c’era chi soffriva di Parkinson, chi di demenza senile e perfino chi di schizofrenia disorganizzata. Sulla bacheca della «struttura», che poi era un appartamento normalissimo, non c’era nemmeno la tabella dietetica che indicava cosa e come mangiasse ognuno di loro. Nel Comune siculo di Monreale, l’estate scorsa, i furbetti della (finta) assistenza avevano messo in piedi un’ospizio con tanto di nome altisonante: «Casa del sorriso». Peccato che di sorrisi non ci fosse l’ombra, di licenze nemmeno e gli standard tendevano più al pianto che all’allegria. Come se non bastasse a fine gennaio una signora di 45 anni di Lecce è stata denunciata perché teneva in casa cinque pensionati senza autorizzazione: si spacciava per infermiera, ovviamente.