il Giornale, 19 febbraio 2018
Ricerca e indagini scientifiche. Se il ghiaccio fa gola al mondo
Pare che la corsa all’Antartide sia appena cominciata, ricalcando le orme di quell’epoca eroica dell’esplorazione, iniziata alla fine dell’800 e terminata con la fine della seconda guerra mondiale. Il 2018, infatti, sembra essere il nuovo anno domini delle spedizioni antartiche: a dicembre 2017 erano partite una spedizione italiana e una australiana tutta al femminile. Ora, la Turchia è pronta a schierare una grande squadra di scienziati.
Alla base della decisione turca ci sono due ragioni: valutare la fattibilità di creare una base scientifica e soddisfare i criteri necessari per aggiornare lo status di Ankara, da parte non consultiva a parte consultiva, nel Trattato Antartico. Lo spiega Faruk Özlü, il ministro turco dell’Industria e della Tecnologia: «Vogliamo diventare una parte consultiva del trattato e quindi dobbiamo soddisfare alcuni criteri. Uno di questi è l’adozione di un programma nazionale di studi polari. Un altro è ratificare il trattato antartico in Parlamento. Un terzo è realizzare tre spedizioni scientifiche nel continente». La Turchia aveva già partecipato alla sua prima spedizione, nel 2017. Dopodiché aveva iniziato a cercare partner per costruire la sua prima base. Il viaggio di febbraio inizierà tra una settimana. E ciò dimostra che l’Antartide ha acquisito nuovo status agli occhi della geopolitica internazionale.
Ma che cos’è questo Trattato Antartico che tanto interessa la Turchia? Firmato a Washington nel 1959 ed entrato in vigore nel 1961, coinvolgeva i 12 Paesi i cui scienziati erano stati attivi in Antartide durante l’anno geofisico internazionale (Igy), tra il 1957 e il ’58. I Paesi interessati dal trattato, adesso, sono 53. Tuttavia solo 29 stati sono parti consultive. E la Turchia mira a diventarlo. Questo trattato stabilisce che l’Antartide può essere utilizzata solo per scopi pacifici, garantisce la cooperazione e la libertà per le indagini scientifiche nel continente.
E l’Italia? Fa parte dei Paesi che sono stati ammessi come parte consultiva (l’ammissione risale al 1987). Il nostro Paese ha due basi in Antartide. Una delle due è la Concordia, la base permanente italo-francese situata sul plateau antartico, sul luogo denominato Dome C, a quota 3.233 metri, i cui lavori di costruzione sono iniziati nel ’96 e terminati nel 2005. L’altra è la stazione Mario Zucchelli, costruita nell’86 in zona Terra Nova e intitolata all’ingegnere scienziato italiano che, per 16 anni, è stato alla guida del Programma Antartide.
In Antartide ci sono anche diverse altre basi. Per citarne alcune, la base neozelandese Scott, la stazione spagnola Juan Carlos e la base americana Amundsen-Scott. Questo crescente interesse per l’Antartide non è solo degli Stati: coinvolge anche la comunità ambientalista e scientifica. La campagna Greenpeace per la tutela dell’Antartide con la creazione di un enorme santuario della fauna ha mobilitato la comunità internazionale e ha visto un’enorme partecipazione attiva. In diverse grandi città, infatti, da Sydney a Buenos Aires, sono apparse statue di pinguini per sostenere la spedizione della nave Artic Sunrise nell’oceano Antartico. Gli 1,8 milioni di chilometri quadrati nel mare di Weddell diventeranno, forse (la decisione sarà esaminata dalla Commissione sull’Oceano Antartico a ottobre 2018), la più la più grande area protetta del pianeta.
Questo febbraio partirà anche una spedizione di 80 donne, con il programma australiano Homeward Bound, iniziato nel 2016, da un’idea dell’imprenditrice Fabian Dattner. Nel progetto saranno coinvolte anche due italiane: Elena Joli, fisica teorica, e Gaia Dell’Ariccia, ricercatrice in comportamento animale. Insomma, l’Antartide suscita interesse. E la nostra epoca potrebbe essere ricordata come una nuova era delle spedizioni.