la Repubblica, 19 febbraio 2018
La vita storta della ragazza che volava sui pattini
Sarà sbagliato divertirsi con un film in cui una piccina viene duramente pestata dalla mamma e da adulta accoltellata dalla stessa, da adolescente presa a pugni in faccia dal fidanzato che diventato suo marito, la sbatte contro i muri di casa e la minaccia con la pistola? Dobbiamo indignarci perché è candidato a 3 Oscar Tonya, che vuole farci sorridere sui poveri, gli ignoranti, i non intelligenti, gli sfortunati? O si può spassarsela e basta, come succedeva con Charlot emigrante e Brutti sporchi e cattivi, accantonando per una volta l’ormai inutile correttezza politica che diffonde velocemente la scorrettezza, anche perché la realtà della storia e dei personaggi forse è stata persino peggio? Tonya Harding è diventata famosa nel 1991 prima donna dice il film, ad eseguire un triplo axel su ghiaccio, e ancora di più nel 1994 quando fu ritenuta colpevole di aver partecipato all’organizzazione di quel che venne chiamato “l’incidente”, la bastonata da parte di un uomo che per poco rimase sconosciuto, alle gambe della massima rivale al campionato americano, Nancy Kerrigan, che infatti fu vinto dalla Harding, e per escluderla anche dalle Olimpiadi invernali di quell’anno. Tonya aveva 23 anni e la sua carriera sportiva, il suo successo e le sue speranze finirono lì. Nella realtà, bandita da ogni gara, destinata a una vita di fatica come la madre, provò a ritrovare una piccola notorietà con la boxe femminile, come se i pugni fossero il solo suo modo di essere amata e riconosciuta, il suo solo miserevole destino.
Iniziato male troppo presto, come racconta il regista Craig Gillespie, con quella orribile madre LaVona, Allison Janney, geniale, candidata all’Oscar per l’attrice non protagonista, cameriera in un bar, offensiva, rozza, minacciosa, mai un sorriso, mai una carezza, che si accanisce su quella sua bimbetta sin dalla primissima infanzia perché diventi una campionessa di pattinaggio artistico e sconfigga il suo miserevole futuro. Il film alterna la storia con interviste ai suoi protagonisti oggi, Tonya con alle spalle una cucina infestata di piatti sporchi, LaVona con la bombola d’ossigeno e un pappagallo sulla spalla, l’ex marito Jeff, Sebastian Stan, accanto a una parete piena di foto del brillante passato. Il regista assicura che le interviste sono state davvero fatte ai personaggi reali, anche se poi interpretate dagli attori protagonisti. I tre, in momenti e luoghi diversi, continuano a contraddirsi, ogni evento è raccontato e smentito. Nei loro ricordi c’è tutto lo squallore dell’America profonda, ambienti desolati, e personaggi trumpiani, vite dolenti senza scampo, disprezzo di classe, aspiranti criminali incapaci, pasticcioni bugiardi, mancanza di solidarietà umana, incapacità di difendersi e salvarsi. Per Tonya, l’infanzia perduta, la crudeltà materna, l’abbandono della scuola, un marito violento e stupido, l’asma da fumo, nessuno sponsor perché troppo rustica, un’origine che il mondo del successo non le perdona, la sua bravura troppo atletica per il gusto bambolina del pattinaggio artistico di allora. E quindi l’impossibilità di essere accettata e rispettata per quello che è. “Non potete impedirmi di pattinare, io sono ignorante, non so fare altro!” grida lei a chi la condanna ritenendola colpevole per un reato stupido e inutile. Ed è il solo momento in cui il regista permette un minimo di pietà, adesso, 24 anni dopo uno scandalo enorme che la rese odiosa al mondo non solo dello sport.
Tonya è Margot Robbie attrice australiana, vista tra l’altro in The wolf of wall street, inserita da Time un po’ inspiegabilmente tra i 100 personaggi più influenti dell’anno: è candidata all’Oscar per la migliore attrice e anche questo pare un’esagerazione, anche se in qualche scena pattina davvero e ha saputo involgarirsi con un certo coraggio. La terza nomination è per il montaggio di Tatiana S. Riegel, che alterna con talento la storia, le finte interviste e le belle scene di pattinaggio con vere professioniste e, digitalizzati, tripli axel, che nella realtà sono molto rari: a Seul adesso lo ha eseguito l’americana Mirai Nagasu, terza in tutta la storia delle Olimpiadi. Se i fatti veri restano ancora oggi piuttosto confusi, il film azzarda una sua versione.
In quel 1994 il campione di football O. J. Simpson fu accusato di aver ucciso la bella moglie e un suo amico, e l’anno dopo, il famoso avvocato riuscì a farlo assolvere.