la Repubblica, 19 febbraio 2018
I dubbi dell’Europa, l’accordo nucleare non è più un totem
TEL AVIV La grande partita fra Stati Uniti, Europa, Israele, Russia ed Iran ha già il suo teatro principale, la sua linea di frizione incandescente: sono quelle poche decine di chilometri del confine Libano/Siria con Israele. Un teatro in cui la guerra non si è mai interrotta, ma ha semplicemente concesso lunghe pause di calma apparente. Uno scontro che Bibi Netanyahu ha portato di peso ieri anche fisicamente nel salone della Bayerischer Hof di Monaco, mostrando a tutti un pezzo del drone iraniano abbattuto sabato scorso (prima che venisse colpito l’F16 israeliano).
Ma la sfida diretta Iran-Israele è solo uno dei match, anche se il più rumoroso: nei saloni dell’albergo bavarese sono andati in scena, in decine di incontri bilaterali, anche gli altri confronti del gioco mediorientale. Fra gli altri quello fra Europa e Stati Uniti, innescato sicuramente dall’intenzione del presidente Trump di provare a far saltare l’accordo sul nucleare con l’Iran che l’Europa aveva firmato nel 2015 mediando fra l’amministrazione Obama e il governo di Hassan Rouhani.
Trump, per rinnegare la firma di Obama e dare spazio alle proteste di Israele, ha annunciato che si prepara a fare di tutto per cancellare l’intesa del 2015 se non ci saranno modifiche. Cosa che naturalmente l’Iran rifiuta. La posizione della Ue è stata fin qui monolitica: «L’accordo non si tocca». È anche la posizione dell’Italia, che sabato a Monaco ha partecipato per la prima volta a una riunione in cui gli “EU3” (Germania, Gran Bretagna e Francia) sono diventati “EU4” con l’aggiunta del rappresentante italiano. Ma sia Roma che gli altri europei iniziano a tener conto che dal 2015 ad oggi qualcosa è cambiato. «La pressione militare iraniana in molti teatri del Medio Oriente è aumentata, e anche di molto», dice uno dei diplomatici italiani che segue i negoziati.
L’analisi del ministro Angelino Alfano, presentata anche in consiglio di Sicurezza Onu, è che fatti come il lancio di missili dei ribelli yemeniti contro l’Arabia Saudita, o la presenza militare iraniana in Siria ai confini con Israele sono una fonte di pressione militare che va «contro lo spirito dell’accordo sul nucleare». «Attenzione, l’Iran rischia di violare lo spirito della risoluzione 2231 che ha recepito l’accordo nucleare», dicono alcuni dei diplomatici italiani.
L’Iran quindi rispetta tecnicamente l’accordo, ma quell’intesa doveva garantire un’evoluzione positiva dei rapporti nella regione, offrendo un “freeze” nucleare in cambio di uno sviluppo pacifico, economico e sociale dell’Iran.
I 4 paesi europei quindi a Monaco non si sono nascosti che l’Iran, per esempio fornendo missili ai ribelli dello Yemen, minaccia di destabilizzare la regione. E qui tornano in gioco gli americani: ieri l’agenzia Reuters ha riportato la sostanza di un telegramma del Dipartimento di Stato. La diplomazia americana per il momento chiede ai paesi europei solo di «impegnarsi a discutere» possibili modifiche all’accordo nucleare. Accordo che se dovesse essere rinnegato o modificato anche solo dagli Usa potrebbe saltare del tutto, secondo gli avvertimenti iraniani. Per il Dipartimento di Stato l’Europa dovrebbe offrire solo «un impegno a discutere» in vista della data del 12 maggio, quella in cui Trump dovrà decidere se rinnegare o meno l’accordo con Teheran.
Per la Casa Bianca l’accordo ha tre difetti principali: non tiene conto della minaccia del programma missilistico iraniano; non offre serie garanzie per le ispezioni degli ispettori Onu agli impianti nucleari; infine allenta gli obblighi iraniani a congelare il programma nucleare troppo presto, già a partire da 10 anni dopo il 2015. «Il problema è che di idee come quelle che abbiamo visto in questo telegramma ne girano di continuo», dice un diplomatico italiano, «e non è ancora chiaro quale sia la linea, quella di Trump, del Consiglio di Sicurezza Nazionale, del Dipartimento di Stato…». Come dire che l’Europa è ancora in imbarazzo perché sull’Iran nessuno ha ancora capito chi vuole (e cosa vuole) negli Stati Uniti. E se fra Usa ed Europa non sarà proprio scontro, certo ancora per settimane ci saranno differenze, confusione, incertezza. Al confine fra Israele e la Siria “provincia iraniana” sarà un miracolo se il prossimo drone abbattuto non scatenerà una ritorsione, una guerra molto più massiccia.