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 2018  febbraio 18 Domenica calendario

E se l’azienda elettrica va in rosso il conto lo paga il consumatore

ROMA La buona notizia è che non è vero – a differenza di quello che è stato scritto da molte parti – che dobbiamo cominciare a pagare nelle nostre bollette elettriche 200 milioni aggiuntivi per colpa di altri utenti morosi. La cattiva notizia è che quei 200 milioni in più in bolletta cominceremo comunque a pagarli. Non per aiutare il truffatore della porta accanto o la famiglia in difficoltà, ma per colmare un buco che si è aperto nei bilanci delle società distributrici di energia. Un buco lasciato da una manciata di aziende che negli anni scorsi si erano lanciate nel business della vendita di elettricità e hanno fatto flop. E il flop ha in massima parte un nome preciso: si chiama Gala, società di cui ora siamo tutti – che ci piaccia o meno – chiamati a pagare i conti.
Vale la pena di raccontarla, allora, la storia di questa Gala fondata e guidata dall’ingegner Filippo Tortoriello. Un sorridente signore che sul sito della sua società ci tiene a far sapere che «ama sperimentare raffinate combinazioni culinarie» e che oggi – nonostante Gala sia in liquidazione, i suoi titoli revocati dalla quotazione in Borsa, è presidente dell’Assindustria Lazio, l’associazione regionale del sistema Confindustria.
La storia, appunto. Nell’ottobre 2014 Gala, che di mestiere fa il “trading” di energia, vince una gara per la fornitura di elettricità.
La indice la Consip, la centrale unica degli acquisti allestita dal ministero dell’Economia per evitare sprechi e duplicazioni, e Gaia si aggiudica dieci lotti sui dieci messi in gara per la fornitura di elettricità, con appalto di dodici mesi prorogabili per altri sei. Farà brillare le lampadine da Palermo ad Aosta in scuole, caserme, ospedali, uffici pubblici… Un en plein fantastico che si spiega con il fatto che ha offerto il prezzo più basso di tutti.
Il bando di gara, come all’epoca avviene spesso, prevede che il prezzo della fornitura sia indicizzato al prezzo del petrolio Brent del Mare del Nord. Prima del 2014 costo del petrolio e della produzione di elettricità sono sempre stati abbastanza in linea.
Di norma le società che vendono energia si assicurano così contro il rischio di un calo di prezzi del petrolio e quindi dei loro prezzi di fornitura in vari modi, ad esempio facendo dei contratti finanziari che le remunerano se il greggio scende, compensando quindi in parte o del tutto i mancati guadagni. Ma Gala evidentemente non si copre abbastanza, o forse non si copre proprio, da questi rischi – anche perché farlo ha un costo. Del resto per la società il 2014 è un anno vertiginoso: quella che tre anni prima era un’azienda con 19 dipendenti e 500 milioni di fatturato cresce parecchio – chiude l’esercizio con 1,3 miliardi di fatturato – e addirittura si quota in Borsa all’Aim, il listino “minore”. Azionista di controllo, presidente e amministratore delegato è lo stesso Tortoriello.
Nel cda passano – ora non ci sono più – anche nomi noti: dall’ex presidente della stessa Consip Gustavo Piga, all’ex ad di Bnl Davide Croff. Nel 2015, con le azioni in Borsa e dieci contratti Consip in tasca che cosa potrà andare mai storto? Ad esempio il fatto che il Brent crolla: a metà 2014 valeva oltre 100 dollari il barile, ma il 21 dicembre 2015 sarà a 36,35 dollari. Con il crollo del Brent, Gala si ritrova in serie difficoltà perché il suo cliente pubblico, come da contratto, le paga prezzi più bassi di quelli iniziali. Intanto, però, prezzo del greggio e costo dell’energia si sono divaricati: il primo scende, la seconda no. Ma la società non ha strumenti che la salvino dagli effetti di quel taglio dei prezzi.
Così, nel dicembre del 2014, appena due mesi dopo aver firmato il contratto, chiede a Consip di riconoscerle un prezzo maggiore di quello pattuito, citando l’imprevedibile crollo del Brent. La società pubblica risponde picche. Gala va per tribunali, ma per tre volte da fine 2014 ad agosto 2015 le sue richieste vengono rigettate. Siamo a fine 2015 e una mano amica pare correre in soccorso di tutti coloro che avevano offerto contratti di fornitura senza assicurarsi dai rischi di un calo dei prezzi della materia prima. Il 6 dicembre in Commissione Bilancio e Tesoro della Camera viene infatti presentato un emendamento all’articolo 28 della Legge di Stabilità che chiede di aggiungere dopo il comma 278 il comma 278-bis. Con quel comma si stabilisce che se un fornitore della Pubblica amministrazione ha una variazione dei prezzi di ciò che vende superiore al 10% può rinegoziare il suo contratto.
Sembrano parole cucite addosso a Gala. A scriverle è la deputata del Pd Elisa Simoni, di Figline Valdarno, che in tutta la legislatura è stata prima firmataria di soli tre emendamenti. La mano amica, però, non basta. La Consip si adegua ovviamente alla legge, ma i conti di Gala sono già andati a gambe all’aria. il bilancio consolidato 2015 mostra una perdita di 58 milioni di euro. Il 2016 non va meglio. Gala non pare più in grado nemmeno di ripagare gli oneri di sistema e gli oneri di rete, quella voce della bolletta elettrica che ogni venditore deve retrocedere al distributore e che poi gli stessi distributori devono versare a chi produce e trasmette energia. Anche perché nel frattempo una serie di sentenze di Tar e Consiglio di Stato hanno stabilito che ai venditori non si possono più chiedere garanzie bancarie per coprirsi dal rischio di un’eventuale morosità sugli oneri di sistema che devono andare in capo ai clienti finali.
Così, uno dopo l’altro, i distributori di energia – stiamo parlando di Enel, A2A, Hera e tutti i grandi gruppi italiani – “staccano la luce” a Gala. La società non paga quegli oneri che loro hanno già dovuto versare in anticipo ai fornitori e così Gala viene di fatto “sfrattata” dalla rete elettrica. Il 30 giugno 2017 Borsa italiana sospende le sue azioni perché non ha pubblicato i dati di bilancio 2016; il 10 novembre la società chiede di essere ammessa al “concordato liquidatorio”. Infine un mese fa – l’11 gennaio – i suoi titoli vengono revocati dagli scambi. Chi aveva in mano le azioni Gala collocate a 12,5 euro l’una, ora ha strumenti finanziari non più negoziabili sul mercato. Il problema di Gala è quello di avere troppi clienti morosi? Possibile, ma nella relazione di gestione del bilancio 2015 – l’ultimo noto – la perdita viene imputata alla “vicenda Consip”.
Intanto il sistema dei distributori di energia si trova con un buco nei conti proprio per i mancati pagamenti degli oneri di rete e di sistema. Di quanto? Fonti di mercato sostengono che siamo almeno a 400 milioni, divisi a metà tra i due tipi di onere. È qui che arriva la delibera del 1 febbraio 2018 dell’Autorità per l’energia che stabilisce di ripartire sui consumatori i circa 200 milioni di oneri di sistema che mancano all’appello. I più la interpretano come una misura per sanare i danni degli utenti morosi. Non è così, come chiarisce la Staffetta Quotidiana, giornale specializzato e punto di riferimento per il settore. Del resto la stessa Autorità precisa che le cose sono diverse da come molti hanno capito. Sono diverse e però, per un perverso incrocio di leggi e di decisioni, quegli oneri di sistema ricadono solo sulle spalle dei consumatori.
Se paghiamo per i buchi lasciati dai venditori negli oneri di sistema, gli utenti morosi sono quindi innocenti? Tranquilli, probabilmente ci sarà tempo per pagare anche per loro. Dopo le sentenze di Tar e Consiglio di Stato che eliminano le garanzie finanziarie dei venditori, l’Autorità vuole e deve applicare il principio sancito dai tribunali: le colpe dei morosi non ricadano sui venditori.Su chi ricadranno allora? Indovinato. L’Autorità si sta indirizzando verso una nuova socializzazione degli oneri di sistema. Ma per il momento paghiamo il pranzo di Gala.