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 2018  febbraio 19 Lunedì calendario

I dolori dell’Inter: proprietà lontana e mercato bloccato

Nove punti nelle ultime dieci gare, 48 punti dopo 25 giornate (come l’anno scorso!), fuori dalla zona Champions se questa sera la Lazio supererà il Verona: l’imbarazzante frenata dell’Inter non è casuale. Il campionato è una durissima maratona che non concede spazio a improvvisazioni: 3420 minuti (senza recuperi) che mettono sempre nel giusto ordine i reali valori. Il banco è forse già saltato in corso Vittorio Emanuele, e le colpe di Suning sono pesanti fin dalla scorsa estate, con una strategia economica poco chiara in sede di mercato e quell’improvviso taglio al budget deciso a cantiere ancora apertissimo. Ma l’errore decisivo è stato fatto a gennaio, quando si è deciso di ignorare il riemergere delle gravi lacune tecniche e di personalità di una rosa che in larga parte era già malamente naufragata nella scorsa stagione. Una austerity totale che ha di fatto cancellato la miracolosa partenza sul campo di Spalletti. Insomma, buttata alle ortiche la «seconda occasione» rappresentata appunto dal mercato invernale. 
TANTI PROCLAMI... «Inter is coming». «Vogliamo tornare fra le grandi del calcio internazionale». «La zona Champions è imprescindibile». Suonano oggi ancor più stonati i proclami societari ribaditi fra l’altro fino a poco tempo fa nonostante l’invalicabile muro alzato davanti a Sabatini e Ausilio. Già, il coordinatore dell’area tecnica di Suning Sports Group e il direttore sportivo dell’Inter, pur in regime di ristrettezze, erano riusciti a individuare e a bloccare soluzioni tecniche di un certo peso, tutte bocciate però. Obiettivamente clamorosi gli stop ai prestiti di Ramires e Texeira, giocatori del club gemello Jiangsu. Poco lungimirante poi il mancato investimento per l’asso argentino Javier Pastore. «Così in Champions League non si va», l’allarme lanciato con forza varie volte dai due uomini mercato nerazzurri. Evidentemente per Zhang e i suoi consiglieri più vicini la rosa andava bene così. Gravissimo errore di valutazione! I paletti del fairplay finanziario? Il piano di Sabatini e Ausilio era quello di mettere in sicurezza la zona Champions e di rientrare subito con una cessione eccellente prima del 30 giugno, un sacrificio alla Icardi per intenderci. Si è invece deciso di «rischiare», e potrebbe allora non essere semplice neutralizzare i danni economici e anche d’immagine conseguenti a un eventuale fallimento europeo.
IL LEGAME SI SPEZZA Nel frattempo si sta irrimediabilmente incrinando anche il rapporto con i tifosi, loro sì finora da Champions League: oltre 50.000 spettatori di media a San Siro per assistere a uno spettacolo non sempre all’altezza, decisamente mediocre il più delle volte. La pazienza è finita soprattutto nei confronti dei giocatori, ma il feeling è ormai ai minimi termini con la stessa società. La Milano nerazzurra ha infatti l’impressione di essere piuttosto in basso nelle gerarchie aziendali di Suning. Una proprietà lontanissima fisicamente: l’ultima volta di Zhang Jindong a Milano risale al 18 settembre 2016, in occasione di Inter-Juventus 2-1. Certo, il figlio Steven fa base a Milano, ma di fatto non è ancora sbocciato come dirigente credibile. La Juventus ha per esempio Beppe Marotta che gode di una larghissima libertà a livello di gestione sportiva. La Roma americana ha dato ampia delega a Monchi, al Napoli ci pensa De Laurentiis in persona, mentre nella Lazio decide tutto Lotito, appoggiato dal bravissimo Tare. Pure il Milan ha chi «ribalta» l’ambiente in maniera immediata quando serve. I riferimenti italiani dell’Inter non sembrano invece avere l’«indipendenza» necessaria per intervenire con fermezza nelle situazioni di emergenza. Ogni cosa, in un certo senso compresa la normale amministrazione, deve passare da Nanchino, che di solito si muove con tempi biblici. Chi è il Marotta dell’Inter fra i vari Antonello, Gardini e Sabatini? L’ideale sarebbe quest’ultimo, il curriculum è di alto livello e parla chiaro, ma il mercato appena chiuso lo ha di fatto visto spesso solo contro tutti, non certo «rafforzato» benché molto lucido nelle sue relazioni tecniche. E che la situazione societaria qui in Italia sia obiettivamente precaria lo si è capito benissimo alla vigilia di Genoa-Inter con Spalletti che seccato per una «fuga di notizie» si era sentito in diritto di «sculacciare» il Cfoo Gardini, Sabatini e Ausilio davanti a telecamere e taccuini. «Devo suggerire al presidente di formare un’altra squadra con i nomi di mercato che escono tutti i giorni – ha detto il tecnico nerazzurro -. Ma questa squadra la allenerebbero i dirigenti, io di certo no, a me interessano i giocatori che già ci sono, devo anzi proteggerli. Da qui in avanti prenderemo provvedimenti, perché se voi giornalisti fate certi nomi qualcuno ve li darà, per cui parlerò con il presidente». Tutto decisamente sconcertante per un grande club. Crepe organizzative preoccupanti, da sanare alla svelta. È la storia dell’Inter a chiederlo.