il Fatto Quotidiano, 19 febbraio 2018
Italia a mano armata: molti arsenali nelle mani di pochi
Luca Traini, lo sparatore di Macerata, il fascio-leghista candidato dalla Lega, bodyguard ad un comizio di Salvini, che è stato immortalato mentre gli stringe la mano, era un regolare detentore di porto d’arma. Come lo era Gianluca Casseri, il suprematista bianco simpatizzante di Casapound, che il 13 dicembre 2011 uccise a Firenze due inermi cittadini senegalesi. Ma le analogie tra i due fatti non finiscono qui. Quando i vertici di Casapound seppero che un loro simpatizzante aveva fatto una strage, risposero con una alzata di spalle: “Noi non siamo soliti chiedere la patente di sanità mentale ai nostri militanti”. Stesso concetto espresso da Salvini poche sere fa nel confronto tv con Laura Boldrini: “Non faccio lo psichiatra”. Sì, perché, anche per giustificare l’azione di Traini si è tirata fuori una non meglio precisata “follia”.
Un modo per liquidare una questione che dovrebbe essere al centro del dibattito politico: in Italia girano troppe armi acquistate e detenute in modo legale. Le statistiche ci dicono che il 10% degli italiani possiede legalmente il suo “giocattolo” (titolo di un preveggente film che Giuliano Montaldo girò nel 1979). Traini e il suo predecessore fiorentino avevano la licenza di porto d’arma per uso sportivo. Apparentemente erano degli appassionati del tiro.
Ottenere questo tipo di autorizzazione è facile. Si va al commissariato di polizia, si riempiono dei moduli, compresa l’iscrizione ad una sezione di tiro a segno nazionale, o ad una associazione iscritta al Coni, ci si fa rilasciare dalla Asl un attestato medico di “idoneità fisica e mentale, oltre che assenza dell’uso di stupefacenti e alcol”, e il gioco è fatto.
Il permesso dura 6 anni e in questo lasso di tempo nessuna autorità, né di pubblica sicurezza, meno che mai sanitaria, controllerà la tua vita. Se bevi, se partecipi a strani movimenti politici, se in famiglia ci sono episodi di maltrattamenti e violenze. Niente di tutto ciò. Si scopre che il Traini della situazione è borderline, matto, oppure disagiato, solo dopo l’assassinio o la tentata strage. “Traini ha usato per il suo attentato una pistola Glock, regolarmente detenuta con licenza di tiro sportivo. Era, quindi, a tutti gli effetti un legale detentore di armi e anche le munizioni che ha usato erano state acquistate con regolare licenza. L’intento di Traini era di fare una strage. La miscela esplosiva che accomuna la tentata strage di Macerata a quelle negli Stati Uniti, come ad esempio la carneficina fatta da Dylann Storm Roof, il giovane 22enne suprematista bianco che nel giugno del 2015 uccise nove afroamericani nella chiesa metodista di Charleston in South Carolina, sta proprio nell’unione di questi due elementi: l’odio razziale e la legale detenzione di armi.
“Se la questione dell’odio razziale e dell’accrescersi nel nostro Paese di espressioni razziste, xenofobe e nazifasciste sono state ampiamente commentate, pochissima attenzione si è posta invece sulla facilità con cui, anche in Italia, si possono acquistare e detenere armi”, scrive Giorgio Beretta, analista del settore in un suo studio per l’onlus Opal di Brescia (l’Osservatorio permanente sulle armi leggere italiane). Ma c’è un di più: richiedere una licenza per uso sportivo o per caccia, oppure per semplice detenzione di armi in casa, è un escamotage per superare le difficoltà ad ottenere un porto d’arma per difesa personale. Un esempio, aumentano le licenze per la caccia, 774 mila, un più 12,4% negli ultimi quattro anni, ma diminuiscono i cacciatori. Lievitano (del 18,4%) i permessi per uso sportivo, arrivati ormai a mezzo milione. Il BelPaese si arma, e anche se non siamo ancora ai livelli degli Usa, da noi si registrano 0,71 omicidi con armi da fuoco ogni 100 mila abitanti.
Quante armi ci sono in Italia, quante se ne costruiscono e quanti sono i possessori, è difficile saperlo. Troppa opacità denuncia l’Opal. “Rendere noto il numero di armi legalmente detenute – si legge nei documenti dell’osservatorio – permetterebbe di raffrontare il dato con quello dei legali possessori di armi. E potrebbe balzare agli occhi una certa qual anomalia. Quale? Che un limitato numero di persone detiene un ampio quantitativo di armi. Non è un’ipotesi azzardata o peregrina: basti pensare che oggi in Italia con una mera licenza di nulla osta, uso sportivo o da caccia, un cittadino può detenere 3 armi comuni da sparo, 6 armi classificate ad uso sportivo sia lunghe che corte, 8 armi antiche e – si noti – un numero illimitato di fucili e carabine classificate “da caccia” (ed inoltre 200 cartucce per arma comune, 1.500 cartucce per fucili da caccia e 5 chili di polveri da caricamento). In parole semplici: più di qualcuno in Italia ha in casa un piccolo arsenale privato e relativo munizionamento. Pronto all’uso. Quali controlli vengono fatti su questi cittadini armati?”. Pochi, come abbiamo visto. E il futuro non promette nulla di buono. Basta leggere gli slogan della Lega e della destra sulla legittima difesa con al centro l’obiettivo di cancellare il reato di “eccesso colposo”. Armiamoci e partite.
***
Numeri incerti e pessimi record
Quante sono le armi in circolazione in Italia? Non si sa, anche se tutti gli acquisti devono essere denunciati alle Questure. PresaDiretta ( RaiTre) nella puntata andata in onda il 16 ottobre del 2017 ha svelato che il numero potrebbe andare da 7 a 12 milioni, ma l’ultimo censimento risale a 9 anni fa. Mentre il numero di porto d’armi di persone che non fanno parte delle Forze dell’ordine sarebbe di circa 1.200.000, un dato del 2016. Quel che si sa, ha sottolineato PresaDiretta, è che l’Italia ha un drammatico record: è il Paese, secondo solo agli Stati Uniti, con il più alto numero di morti per arma da fuoco. Intanto le armi Made in Italy per uso civile, sportivo e venatorio piacciono all’estero: secondo l’Università degli Studi di Urbino, la produzione di munizioni vale oltre 7 miliardi di euro (lo 0,44% del Pil).