Corriere della Sera, 19 febbraio 2018
«Improvvisare su Bach? Certo In lui c’è anche la breakdance»
«Che sorpresa è? È il più grande di tutti e nella sua musica c’è tutto: jazz, rock e anche la breakdance». Per Ramin Bahrami quando c’è di mezzo Bach tutto è possibile, anche che un pianista famoso in tutto il mondo per il culto esclusivo del sommo Johann Sebastian faccia un disco e una tournée di straordinario successo con un jazzista ospite a Sanremo; suonando Arie, Preludi e Fughe su cui il compagno di viaggio improvvisa liberamente.
Invece sorprende eccome il successo di «Bach is in the air», col pianista iraniano che duetta con Danilo Rea; quello di dopodomani al Dal Verme di Milano sarà il loro cinquantesimo concerto «e altri ce ne attendono in Italia, in Europa e in Oriente» sottolinea Rea, che ostenta la stessa naturalezza del collega: «A ben vedere non sto facendo altro che proseguire la tradizione classica: i grandi del passato, da Bach a Mozart e Beethoven, erano splendidi improvvisatori. Io stesso ho iniziato con la classica, ho studiato a Santa Cecilia e me la cavavo bene, forse avrei avuto davanti una carriera da pianista; ma adoravo improvvisare e il jazz ha vinto». L’unità di intenti è profonda, ma sbocciò in modo casuale in un ristorante romano: «Ero andato a un suo concerto – racconta Rea – e con i rispettivi agenti ci ritrovammo davanti a un piatto di spaghetti all’amatriciana». «No, erano alla cacio e pepe», incalza Bahrami.
Le variazioni sul tema evidentemente erano iscritte nel dna della coppia. Stessa versione però sull’autore: «Bach è il più grande di tutti, la sua musica trascende non solo i confini geografici, travalica anche quelli cronologici: quando senti certe sue opere non sai dire se siano state composte trecento anni fa, oggi o vengano dal futuro, è la musica più universale che esista» si emoziona Bahrami.
«E la matrice bachiana si sente anche nelle mie improvvisazioni, nonostante ogni volta suoni note diverse» chiosa Rea. «Un conto è suonare all’Umbria Jazz partendo dagli standard, un altro è mettersi in dialogo con architetture perfette e rigorosissime». «E non troppo mosse – puntualizza Bahrami —. Se melodia e armonia cambiano ogni tre secondi è quasi impossibile suonarci sopra, il discorso musicale deve dare tempo e spazio a Danilo per dar forma alle sue fantasie». Così il Preludio in do maggiore dal primo libro del Clavicembalo ben temperato introduce l’ Aria sulla quarta corda, cui segue immancabile l’Aria delle Variazioni Goldberg : «Un anticipo di paradiso: è la più bella aria in stile italiano mai scritta, anche se Bach non mise mai piede nel Belpaese: imparò il linguaggio di Vivaldi, Pergolesi e degli operisti trascrivendone le opere. Riprese tutti gli stili europei, portandoli al massimo grado di perfezione e dando loro una cifra inconfondibile, la sua».
Però anche la cifra di Rea si sta facendo sentire: «Suonando con Danilo sto riscoprendo una libertà, quella di improvvisare e variare, che nella classica si è sempre più affievolita negli ultimi due secoli, fino a perdersi del tutto. E sto imparando anche a prendermi meno sul serio, cosciente che la mia versione è solo una delle opzioni interpretative possibili». Rea dal canto suo è stato conquistato totalmente da Bach: «Vorremmo preparare qualche altro progetto, ma non per forza su un altro autore: il catalogo di Johann Sebastian è tanto vasto e bello…». L’ultimo commento è di Bahrami, sul pubblico: «Ci seguono amanti della classica e del jazz, giovani e anziani; però le ammiratrici sono tutte per Danilo: ha circa vent’anni più di me ma è nettamente più bello».