Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2018  febbraio 18 Domenica calendario

Ragnatela del Fisco: le leggi sono ben 783

Abbiamo talmente tante leggi tributarie da non riuscire nemmeno contarle con certezza. O quasi. Un recente tentativo arriva a individuarne quasi 800 – per la precisione 783 – tra provvedimenti principali e decreti attuativi. 
Il tutto immerso in una perenne incertezza applicativa, che allunga i tempi dei contenziosi e complica la vita alle persone e al Paese. Ferruccio de Bortoli affronta la marea della burocrazia fiscale che ci sommerge sulle pagine de L’Economia in edicola domani con il Corriere della Sera. La materia non è «amichevole» in nessun Paese del mondo. Qualche esempio? La legge Dodd-Frank, fatta per riparare i disastri finanziari dopo lo scoppio della bolla delle dot.com e detestata da Donald Trump, conta più di 2.300 articoli. Per non parlare dell’Internal revenue code a stelle e strisce che conta quattro milioni di parole. L’America, però, insieme alla Germania (solo una legge generale e 35 testi unici, questo è tutto) figurano in cima alla lista degli esempi di sistema fiscalmente ordinato. Ma anche in Romania e Polonia hanno solo un paio di codici che bastano per tutto. 
Che cosa si può fare? La prima cosa – che a onor del vero figura in cima ai piani dell’Agenzia delle entrate – sarebbe affrontare con decisione una semplificazione. Quelle messe in agenda fin qui non hanno funzionato per vari motivi, tra cui anche la mancata consultazione delle grandi categorie di contribuenti. Anche gli altri riformano e cambiano, con alterni risultati. Raggiungerne qualcuno, però, sarebbe incoraggiante per i contribuenti onesti. «L’aliquota del buon senso dovrebbe essere la più alta», conclude de Bortoli.
Dalle troppe leggi al controverso rapporto con la globalizzazione. La vendita di Italo Ntv al fondo americano Gip, guidato da un investment banker di origine nigeriana che non ha mai perso un treno di affari in vita sua, ha riaperto il dibattito sull’incapacità del Paese di fare sistema e quindi di investire capitali (e di prendersi qualche rischio) quando una qualche eccellenza nazionale arriva al punto di fare un salto di qualità e di dimensione. 
Intanto i big della tecnologia e dell’intrattenimento diventano sempre più grandi e articolati. È il caso di Walt Disney, che dopo essersi assicurata un pezzo dell’impero di Murdoch, marcia verso la Cina. Un accordo con Alibaba permetterà di offrire i contenuti classici e le saghe vecchie e nuove a trenta milioni di persone in più. Sulla copertina de L’Economia il volto di Daisy Ridley, l’eroina dei nuovi episodi di Star Wars, firmati dal colosso hollywoodiano dei cartoon (e di molto altro).
E ancora: L’Economia inizia con un mese di anticipo la celebrazione del suo primo compleanno presentando le prime delle cinquecento aziende con fatturati tra 20 e 120 milioni di euro in grado di crescere sempre negli ultimi lunghi anni di crisi. Nella prima pattuglia, tra gli altri, Proraso e il cioccolato Venchi. Una classifica di volti e di storie che accompagnerà i lettori con quattro pagine dedicate ogni settimana fino alla metà di marzo.
Infine il risparmio: i conti correnti sono sempre più cari e meno remunerativi. Anche quelli online. I conti in tasca alle principali banche e ai prodotti sul mercato.