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 2018  febbraio 18 Domenica calendario

Adriano Galliani: Silvio mi voleva già nel ’94 ma c’era il Milan

Adriano Galliani, lo sa che tutto quello che dirà sarà usato contro di Lui? «Lo immagino. E dato l’affetto che ho per Lui cercherò di fargli il minor male possibile». 
Accadeva anche ai tempi del Milan, solo che allora delle vostre divergenze arrivava appena qualche eco. In politica invece ci sono spifferi dappertutto. «Quali divergenze? Silvio Berlusconi ed io per 31 anni abbiamo sempre condiviso ogni scelta». 
Inutile tentare di scalfire il sodalizio tra lui & Lui, che dopo aver rappresentato un pezzo di storia del calcio si ritrovano insieme in politica. E sebbene l’approccio da «candidato» sembri quello del debuttante, per Galliani in realtà non è la prima volta.
«A parte il fatto che gli anni passati in Lega calcio sono stati un’esperienza politica non da poco, se parliamo di politica in senso stretto, una vita fa fui candidato per la Dc a Monza. Era il 1975, fu un’esperienza interessante». Berlusconi si sentirà circondato dai democristiani, perché anche Ennio Doris – fondatore di Mediolanum – fu sindaco dc nel suo paese d’origine, in Veneto. Al Cavaliere lo rivelò molti anni dopo Francesco Cossiga. Galliani invece glielo raccontò «la prima volta che lo incontrai, il primo novembre 1979: mi chiese come la pensassi politicamente e io risposi».
Berlusconi teme che se arrivassero i 5 Stelle al governo gli staccherebbero anche l’antenna televisiva di casa.
«Non ricadiamo nell’errore di pensare che il presidente sia mosso da interesse personale. Dopo più di vent’anni dalla sua discesa in campo penso sia chiaro che sarebbe stato più comodo per lui muovere i fili della politica dall’esterno, da imprenditore ed editore, come fanno altri, piuttosto che scendere nell’arena. Oggi Berlusconi teme l’incompetenza dei 5 Stelle: il fatto che il loro candidato premier non abbia nel curriculum nulla di significativo è emblematico. Una volta ci si chiedeva se avresti comprato un’auto usata da una determinata persona, nel caso dei grillini non c’è nemmeno l’auto usata».
Perché Berlusconi l’ha voluta «in campo»?
«Mi chiese di candidarmi già nel ‘94, ma l’impegno politico era secondo me incompatibile con quello del Milan. Ora che il Milan non c’è più, è tornato alla carica. Gli piacciono gli uomini del fare: e io prima di diventare l’uomo del Milan di Berlusconi avevo messo in piedi un’azienda di 1.500 dipendenti, l’Elettronica Industriale».
Se il centrodestra riuscisse a formare un suo governo, lei dovrebbe iniziare a fare l’abitudine all’idea di ministro magari con delega allo sport.
«Non è mia ambizione assoluta fare il ministro, ma mi piacerebbe occuparmi di sport, come ho fatto negli ultimi trent’anni. Di certo non sarò uno che andrà in Senato solo per votare. Quanto al calcio, è un momento difficile. La mancata qualificazione ai mondiali di Russia 2018 – un insuccesso sportivo inaspettato ma che può capitare – ha provocato un terremoto dettato più dalla pancia che dalla testa: penso che l’uscita di scena del mio amico Carlo Tavecchio sia stata un errore, perché dopo aver fatto molte cose buone paga il palo di Darmian».
Invece alla Federcalcio è arrivato il «suo» Costacurta nel ruolo di sub-commissario.
«È un altro allievo della grande scuola Milan che ottiene, meritatamente, un ruolo di prestigio. Sono sicuro che farà bene. C’è bisogno di gente di calcio come Billy per portare energie fresche in Federazione».
Berlusconi dice che, in caso di pareggio alle elezioni, Gentiloni dovrebbe restare a palazzo Chigi in attesa del nuovo voto. Ma nel 2006 – quando il centrosinistra non ottenne una solida maggioranza in Parlamento – proprio Berlusconi spiazzò gli alleati, proponendo a Prodi le larghe intese. C’è da aspettarsi un altro colpo di scena?
«Berlusconi è un visionario, un innovatore. Mai ripetitivo». 
Se le chiedesse un parere?
«Credo che una decisione di questo genere vada presa dai vertici del partito, ma non è tema all’ordine del giorno». 
In questi anni al Milan mai una parola di politica: ora però dovrà dire come ha votato al referendum costituzionale e cosa pensa di Matteo Renzi e dell’attuale premier.
«Al referendum ho votato no, seguendo l’indicazione di voto di Forza Italia. Di Renzi ho apprezzato inizialmente la spinta al rinnovamento e la sincera volontà di tagliare i ponti con un partito ancorato alla vecchia tradizione comunista. Poi però ha dimostrato di essere più uomo di parole che uomo del fare. Gentiloni è avveduto, ma al Paese serve uno choc per far ripartire l’economia. Non possiamo accontentarci di essere il fanalino di coda in Europa. Il nostro sistema produttivo ha già pagato troppo». 
Con questa voglia di fare schemi e formazioni, Berlusconi prima ha incoronato Matteo Salvini come un «goleador» poi lo ha arretrato di ruolo.
«La legge Severino costringe purtroppo Berlusconi a stare in tribuna, ma sarà sempre lui a fare le formazioni. Salvini può essere il Savicevic della nostra coalizione: ha grande talento, ma non può pensare di giocare da solo».
Pensa che Barbara Berlusconi la voterà?
«Non può perché non risiede nel mio collegio elettorale, ma sono certo che voterà Forza Italia».
E «Ringhio» Gattuso la voterà?
«Lo spero perché, essendo residente a Gallarate, lo può fare. In ogni caso faccio un grande tifo per l’allenatore del Milan, un mio amico».
Meglio Berlusconi come presidente del Consiglio o come presidente del Milan?
«Il 18 maggio del ‘94 Silvio Berlusconi otteneva la fiducia al Senato per il suo primo governo, proprio mentre il Milan, di cui era presidente, vinceva la Coppa dei Campioni ad Atene: 4-0 al Barcellona. È stato insomma un eccellente premier ed il più grande presidente del Milan di tutti i tempi». Vabbé ma così non vale.