Corriere della Sera, 17 febbraio 2018
Valanghe in montagna: ci sono rischi anche quando non segnalati
Una valanga ha travolto persone esperte di montagna. Come è potuto accadere?
In montagna il rischio zero non esiste. Possiamo ridurlo, ma cancellarlo è impossibile.
In montagna qual è la differenza tra rischio e pericolo?
È sostanziale. Per quanto riguarda le valanghe, i bollettini redatti dai centri nivometeorologici segnalano il pericolo in una scala da 1 (debole) a 5 (molto forte) in base a certi parametri. Il rischio è quello che ognuno si assume rispetto alle proprie capacità e al pericolo segnalato.
Nel Gruppo delle Grigne ieri il pericolo era di grado 1.
Sì, però Arpa Lombardia segnalava l’aumento del pericolo nelle ore centrali della giornata a causa del rialzo termico. Il manto nevoso era ben assestato ma, in strati più deboli in neve vecchia, c’era la possibilità di singole valanghe e scaricamenti su pendii ripidi esposti al sole. Questo in carattere generale, poi per la disgrazia sulla Grignetta andranno fatti gli accertamenti del caso e considerate le condizioni locali.
Esistono dei sistemi per ridurre i rischi?
Gli scialpinisti e chi pratica sci fuoripista devono avere sempre con sé l’Artva (apparecchio di ricerca dei travolti da valanga) che va tenuto acceso e in trasmissione. Costa 300-400 euro: emette un segnale che consente la localizzazione di una persona sepolta sotto la neve. Poi dotarsi di pala e sonda da autosoccorso (costano 50 euro). Per chi fa fuoripista anche l’airbag (da 700 euro in su): è pesante e ingombrante ma consente di «galleggiare» se si viene travolti da una slavina.
E oltre alla tecnologia?
Sono utili anche le esercitazioni di autosoccorso per sapere cosa fare in caso di incidente, ascoltare sempre i bollettini meteo e, se non si conoscono le zone, andare con guide esperte. Se si hanno dubbi, rinunciare all’uscita: non è una sconfitta.
(Ha risposto Giovanni Peretti, direttore di Arpa Lombardia, Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente)