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 2018  febbraio 17 Sabato calendario

India, nella città-utopia di Auroville che da 50 anni sogna la pace universale

In una foresta lungo la costa del Coromandel, nel Sud dell’India, 2.500 sognatori credono ancora di poter costruire una società alternativa che abbia come obiettivo «la sfida di vivere una vera unità umana, nella diversità». E tra dieci giorni, gli abitanti di Auroville, città d’oro dell’alba spirituale, si preparano a celebrare i 50 anni del loro progetto utopistico.
L’ospite d’onore, il premier indiano Narendra Modi, atterrerà qui in elicottero il 24 febbraio, in una visita che ha sorpreso molti perché Auroville non rappresenta certo quell’induismo tradizionalista che caratterizza il partito di governo, ma piuttosto lo strascico di un sogno spirituale ecumenico nato nell’anno più rivoluzionario del secolo scorso, il 1968. Insomma, cose più da Age of Aquarius.
Modi si unirà in meditazione agli aurovilliani nel grande Matrimandir, impressionante sfera dorata al centro della planimetria a forma di galassia che, purtroppo, ricorda immancabilmente un enorme cioccolatino Ferrero Rocher. Difficile sfuggire al paragone.
Entrandovi, prima di raggiungere il sacro cristallo che rifrange un raggio di luce proveniente dall’alto, simbolo della forza divina che scende sugli umani, è inevitabile constatare che l’architettura riflette una visione da tardi Anni 70 di quello che s’immaginava sarebbe stato il futuro. Diciamo un incrocio tra Base Lunare Alfa di «Spazio 1999» e Star Trek, in una Disneyland spirituale popolata da volontari europei in fuga dal freddo invernale che girano, capelli al vento, in motocicletta, schivando vacche e pedoni e fermandosi ogni tanto ad assaporare una decorosa pizza italiana nel ristorante «Tanto» o un filoncino di pane fresco alla «Panetteria Tedesca». L’Auroville che alcuni storpiano in Euro-ville e che non disdegna l’occasionale Auro-rave.
Ora fervono i preparativi per il giubileo d’oro del sogno del guru Sri Aurobindo, pianificato al dettaglio dalla Madre, la carismatica Blanche Rachel Mirra Alfassa, nata a Parigi da padre ebreo turco e madre ebrea egiziana e poi trasferitasi in Giappone e in India. In quel febbraio del 1968, la Madre giaceva malata in una stanza nella vicina Pondicherry. La sua voce, gracchiando da un altoparlante come il messaggio di un’antica divinità che benediceva i cinquemila presenti, annunciò i 4 punti progettuali della città-utopia. Intanto, in un’urna a forma di loto venivano deposte palate di terra provenienti da 124 diverse nazioni e da stati dell’India, simbolo appunto di quell’ambita «unità umana» da conquistare con attività spirituali (meditazione), mentali (lavoro), e corporali (sport), vissute con spirito collettivo.
Gli aurovilliani si ripromisero di preparare così la società ideale del futuro, consci che il presente non è lo stadio finale dell’evoluzione. Dimentichi del fatto che forse non esiste uno stadio finale. In quel ’68, i sognatori provenienti dai movimenti hippie di tutto il mondo, decisero di unirsi senza strutture autoritarie, «manifestando la bellezza in tutti gli aspetti della vita, gestendo, con saggezza e giustizia, l’ampia varietà di risorse disponibili» e così via, sperando nel meglio.
In realtà, in 50 anni la comunità s’è ridotta a 2500 abitanti, ben lontani dai 50 mila del progetto. Ed è in stallo, come scrive Anu Majumdar nel suo recente «Auroville: una città per il futuro». Oltre ai soliti bisticci e pettegolezzi da paese, comprensibili in un gruppo ristretto di occidentali nel profondo Sud indiano, e un rapporto non sempre facile con i villaggi limitrofi, c’è una spaccatura sulla progettualità.
Da una parte, i cementatori tradizionalisti che vorrebbero completare il progetto della Madre d’asfaltare queste radure bonificate a fatica. Dall’altra, chi è più in sintonia con i movimenti ecologisti e chiede una crescita più organica. In quest’impasse, si è soffocata la crescita del progetto dell’amore universale. «Il fatto che non si sia realizzato non vuol dire che non si realizzerà», dice Pierre Legrande, artista 75enne arrivato qui, tra i pionieri, nel 1967. Questa è anche la risposta di ogni setta millenarista. Ma, come commenta l’autore Akash Kapur, curatore di un’antologia su Auroville giustamente sottotitolata «Tra sogno e realtà», «Auroville non è un’utopia. È una comunità complessa, abitata da persone reali, costellata da scuole, ristoranti, negozi e centri sportivi, avvolta nelle certezze e ambiguità dell’umanità». Insomma, ancora ben lontana dallo scoprire il segreto di quell’internazionale «unità umana» cui forse, invitandosi al cinquantenario, l’abilissimo Modi spera di venire associato.