La Stampa, 17 febbraio 2018
Di Benito in meglio
Il leggerissimo dubbio, già qui espresso, e cioè che l’allarme fascismo ci stia un po’ sfuggendo di mano, prende ulteriore consistenza. Giovedì un sostenitore di Lombardia progressista, lista a sostegno della candidatura di Giorgio Gori (Pd) alla presidenza della Regione, ha offerto su Facebook il frutto di un lavoro minuzioso: è andato a vedere quanti milanesi di nome Benito andranno a votare il 4 marzo. Sono 276, più i Benito Vittorio (otto), i Vittorio Benito (sette) per non dire dell’eccesso di zelo dei Benito Adolfo (cinque), di un pomposissimo Cesare Benito, di un ultraortodosso Benito Mussolini e di un imperiale Vittorio Emanuele Benito. In totale più o meno 450, compreso un Francesco Gabriele Ferdinando Benito Romano, il quale potrà forse invocare le attenuanti generiche per avere ben tre nomi sinceramente democratici – un paio di chiara tendenza mistica – prima di quello dispotico. La notizia comprende il commento del simpatico contabile: «Un inquietante risultato». Un po’ inquietante, in effetti, se si pensa che siamo responsabili di tutto, anche della nostra faccia, quantomeno dopo una certa età, ma non del nostro nome. Certo, dato il contesto, un rilievo un po’ ambizioso. E allora si suggerisce di adottare il sistema per rintracciare uno a uno i Totò, come Riina, per sgominare la mafia, e se pare troppo almeno i Pierferdinando per liberarci dei civici popolari (esistono!). E comunque: Milano avrà pure qualche Benito, ma volete mettere con noi a Roma? Un mucchio di Virginia.