Gazzetta dello Sport, 18 febbraio 2018
Gentiloni sugli scudi, con la benedizione di Prodi
A due settimane dalle elezioni, anche Romano Prodi ha fatto sapere per chi voterà il prossimo 4 marzo.
• Già, Prodi. M’ero dimenticato di Prodi! Behm voterà Pd, no?
No, ha fatto sapere che darà il suo voto a Insieme, la lista di ispirazione ulivista che è alleata al Pd e che riunisce i civici di Giulio Santagata, i verdi di Angelo Bonelli e i socialisti di Riccardo Nencini. «È un raggruppamento che porta avanti la logica che era il mio sogno, quella di mettere insieme i diversi riformisti», ha spiegato ieri, prendendo parte, a Bologna, al lancio del movimento. Erano nove anni che il Professore non saliva sul palco per un’iniziativa politica ufficiale. Una dichiarazione di voto che può essere letta come una presa di distanza dal Renzi e dal Pd sempre più in mano ai renziani. Il dato politico più importante di ieri è però che il fondatore dell’Ulivo si è lanciato in grandi elogi per Paolo Gentiloni, anche lui presente sul palco di Bologna.
• Un
endorsement, come dicono quelli bravi.
Esatto. «Paolo sta rappresentando questo obiettivo: la serietà al governo», ha detto Prodi mostrando un suo vecchio manifesto elettorale del 2006 che recitava proprio «La serietà al governo». «L’ultima fase dell’esecutivo mi sembra particolarmente positiva rispetto a dove eravamo arrivati. Si è capito che questo è un paese che ha bisogno di essere guidato e non comandato». Ogni riferimento a Renzi, mai citato, è apparso puramente voluto. Insomma, Prodi sogna un centrosinistra di nuovo unito al governo, con Gentiloni ancora a Palazzo Chigi. E i due sul palco, tra un abbraccio e l’altro, sembravano quasi fratelli, per modi atteggiamenti linguaggio.
• Mi sembra che negli ultimi giorni Gentiloni si stia facendo vedere di più in giro. Punta a rimanere premier?
Sembra aver cambiato passo, seppur con i toni cauti e pacati tipici del personaggio. Quando Lilli Gruber e Paolo Mieli su La7 hanno insistito nel chiedergli se il candidato premier sia sempre il segretario Renzi, a norma di statuto del Pd, Gentiloni ha lasciato tutte le strade aperte: «Non c’è un candidato premier... Noi lavoriamo per avere un premier del Pd. Il nome si vedrà dopo». Giovedì poi da Berlino, nell’incontro con Angela Merkel, ha voluto rassicurare l’Europa: «L’Italia avrà un governo stabile». E ha aggiunto: «Se l’Italia chiama deve esserci un governo capace, e io farò il mio dovere, come sempre in questi anni». A sponsorizzarlo apertamente ci ha pensato anche il ministro per lo Sviluppo economico, Carlo Calenda, sempre giovedì, dal palco dell’iniziativa «Roma per Gentiloni»: il capo dell’attuale governo «un grandissimo asset perché sa affrontare problemi complessi senza farli passare per una questione muscolare tra lui e il Paese». Anche qui c’era un’evidente stoccata a Renzi. D’altra parte anche gli ultimi sondaggi pubblicati prima del blackout imposto dalla par condicio dicono che Gentiloni è il leader con il gradimento più alto tra gli italiani (47%), in largo vantaggio su Di Maio (35-36%), Salvini (29-33), Berlusconi (28) o Meloni (28). Abissale poi il distacco da Renzi, che oggi è apprezzato solo dal 26-31% degli elettori. Gentiloni, in ogni caso, smentisce di voler fare le scarpe a Renzi e assicura che i rapporti con il segretario del Pd «sono ottimi, nonostante non siamo due gocce d’acqua».
• E che possibilità ci sono di avere ancora Gentiloni a Palazzo Chigi?
Come abbiamo visto dai sondaggi, è molto probabile che dal voto del 4 marzo non esca una maggioranza chiara. Solo la coalizione di centrodestra può puntare a raggiungere il 40% dei voti, ma dovrebbe fare il colpaccio in una trentina di seggi uninominali al Sud, dove al momento il M5s è in vantaggio. Insomma, come gli esperti ripetono da settimane, o si troverà un’improbabile governo di larghe intese oppure Gentiloni potrebbe rimanere a Palazzo Chigi per gli affari correnti, cercando i voti dei vari partiti di volta in volta sui singoli provvedimenti. Una fase che potrebbe durare qualche mese come anche un anno, fino a un nuovo voto. Il problema è che, prima di tornare alle urne, occorrerebbe trovare un accordo su una nuova legge elettorale, altrimenti sarà molto difficile evitare un nuovo stallo. Lo ha sottolineato anche ieri Prodi: «Deve essere una delle priorità di inizio legislatura». Basta guardare la storia recente per capire che non sarà una faccenda semplice. Ecco perché Gentiloni potrebbe rimanere premier a lungo.
• Dobbiamo rassegnarci a non avere un governo eletto dal popolo?
Non la vedrei in maniera così tragica. La Spagna è rimasta senza governo dieci mesi e la sua economia è andata alla grande. Idem per l’Olanda. Per non parlare del Belgio che non ha avuto un esecutivo per quasi due anni (20 mesi per l’esattezza), eppure i suoi indicatori economici hanno fatto registrare il segno più. La crisi dei partiti e della rappresentanza, e la debolezza delle regole elettorali sembrano essere ormai una costante europea. Elementi che però non hanno prodotto effetti collaterali rilevanti sul piano economico. Chi l’ha detto che per avere stabilità e crescita occorra per forza un governo forte? Forse i governi, in questi tempi di finanza globalizzata, non contano più come una volta.