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 2018  febbraio 17 Sabato calendario

Carige, arriva Raffaele Mincione: l’ingresso con più del 5%

l’investitore torna a puntare sulle bancheRaffaele Mincione sceglie Carige per riaffacciarsi sul mercato italiano. Il finanziere italiano, basato a Londra da 35 anni, noto per essere diventato il primo socio di Bpm nel 2014, entra nel capitale della banca ligure. E mette sul piatto un investimento da 22-23 milioni di euro – tramite Capital Investment Trust e le sue controllate Pop12 e Time & Life – con cui è arrivato a detenere il 5,428% dell’istituto. Un investimento tondo, pari a 3 miliardi di azioni, che pone Mincione al terzo posto tra i soci rilevanti alle spalle di Malacalza Investimenti (20,6%) e Gabriele Volpi (9%), e davanti a Sga (5,397%).
Per capire se quello annunciato dal manager sia solo un primo passo nell’azionariato, servirà del tempo. Certo è che il finanziere vede in Carige un’occasione interessante, magari in vista del futuro consolidamento del settore a cui l’istituto potrebbe prendere parte. «Sono convinto non solo che la Banca abbia un grande potenziale e quindi possa essere un’opportunità di investimento per noi – ha detto il presidente di Time & Life in una nota – ma anche che in Italia si stia aprendo uno scenario di ripresa che la comunità finanziaria internazionale non può che guardare con interesse». Mincione riconosce quanto l’istituto «ora si trovi in una fase complessa». Ma nello stesso tempo ricorda che «Carige è una banca storica, molto radicata sul territorio» e sebbene «da 35 anni viva fuori dall’Italia», questo rimane «il mio Paese e sono orgoglioso di poter continuare ad investire qui».
Le mosse nell’azionariato
L’ingresso di Mincione tra i “padroni” di Carige, va detto, è solo l’ultimo di una serie di movimenti che da settimane stanno ridisegnando l’assetto azionario della banca. Secondo diversi rumors, accanto a Time&Life in manovra sul capitale ci sarebbero alcuni fondi di investimento che avrebbero rastrellato nelle ultime settimane alcune quote inferiori alle soglie rilevanti. Ma per qualcuno che entra, qualcun altro è dato in uscita. Tra questi, ad esempio, c’è Panfilo Tarantelli, che a quanto risulta al Sole 24Ore ha di fatto azzerato la quota costruita attraverso Credito Fondiario a valle dell’aumento, a suo tempo pari al 5,397%. Il pacchetto, sottoscritto in fase di inoptato, sarebbe stato sostanzialmente suddiviso tra il mercato e lo stesso Mincione. L’acquisto da parte del Credito Fondiario (che a sua volta dovrebbe sottoscrivere 20 dei 700 milioni di aumento del Creval in caso di inoptato, con impegni di primo accollo alla pari di Algebris) era legato a doppio filo a un’intesa sottoscritta a dicembre. Accordo secondo cui l’investitore attivo nei crediti deteriorati aveva acquistato dalla banca genovese un portafoglio di sofferenze pari a 1,2 miliardi.
Non solo. Ad allentare la presa su Carige sarebbe anche un altro soggetto presente fino ad oggi tra i soci, ovvero il fondo Chenavari. Dal 6,77% raggiunto per effetto della sottoscrizione dell’aumento, il fondo britannico – che nel piano dell’aumento ha acquisito da Carige la società di credito al consumo Creditis – è sceso al 4,94% il 4 gennaio e avrebbe ulteriormente limato al ribasso la sua quota.
Le prospettive
Tornando a Mincione, va detto che il finanziere italiano non è del tutto nuovo alle cronache relative a Carige. Il suo nome era stato associato alla banca ligure nel 2014, quando la Fondazione aveva messo sul mercato un 10% del capitale. Tra l’ente e il finanziere all’epoca ci furono dei contatti che, tuttavia, alla fine non sfociarono in nulla. Oggi, invece, le cose appaiono diverse. La banca ha appena varato l’aumento di capitale (il terzo in cinque anni) e sul mercato si fa sempre più ricorrente l’ipotesi di una possibile fusione, con potenziale upside per il titolo. I nomi dei potenziali acquirenti (da Bper a Unipol) si rincorrono senza sosta, anche se è difficile che qualcosa si muova prima del 2019. Di certo tutto si deciderà solo alla fine del riassetto che sta portando avanti l’a.d. Paolo Fiorentino. Non è un caso che il manager goda della piena fiducia della Vigilanza, a cui preme avere una figura di garanzia in grado di assicurare la prosecuzione del percorso di risanamento. A maggiore ragione nel quadro di un azionariato in movimento.
.@lucaaldodavi