Gazzetta dello Sport, 17 febbraio 2018
Gli ultimi sondaggi prima del voto confermano: non esiste nessuna maggioranza
Da mezzanotte non si possono più diffondere sondaggi politici, come vuole la legge sulla par condicio. Così ieri tutti gli istituti di rilevazioni statistiche hanno sfornato le loro stime su quello che accadrà il 4 marzo. Il black-out durerà finché non saranno chiuse le urne, e a quel punto avremo a che fare con i numeri reali. Questi ultimi sondaggi dicono in sostanza che, se si votasse oggi, nessuna lista o coalizione avrebbe una chiara maggioranza per governare. Dicono anche che il centrodestra è in vantaggio, il M5s è stabile e rimane la prima lista, il Pd è in discesa.
• Quanto in discesa?
Forse addirittura sotto il 22%. La coalizione formata da Forza Italia, Lega, Fdi e Noi con l’Italia ha la percentuale più alta di consensi: il 35,6% per Ipsos, il 35% per Demos, il 37% per Piepoli. Nella sfida interna relativa alla leadership del centrodestra, il partito di Berlusconi sta davanti a Salvini ma non di molto. Il M5s è dato tra il 27 e il 29%. Il centrosinistra formato da Pd, +Europa di Bonino e Civica popolare della Lorenzin oscilla tra il 25 e il 27,9%, con la lista del Pd che da sola è sotto la soglia del 25%, mentre la Bonino è in netta crescita, sopra lo sbarramento del 3%. Liberi e uguali di Grasso è tra il 5 e il 6%. In termini di seggi, che poi è ciò che conterà, secondo i calcoli di Pagnoncelli il centrodestra oggi otterrebbe 283 deputati, seguito dal centrosinistra con 158 eletti, dal Movimento 5 Stelle con 152, e da ultimo da Leu con 24. Di fatto le intenzioni di voto negli ultimi due mesi non sono cambiate quasi per niente. Il che vuol dire o che la gente ormai s’è fatta un’idea o che i leader hanno già sparato le loro migliori cartucce e ormai non riescono più a spostare consensi. Anche il caso dei rimborsi non ha danneggiato il M5s. Anzi, Di Maio potrebbe anche giovarsene, visto che non tutti erano al corrente del fatto che i parlamentari del Movimento restituivano parte dell’indennità. Una buona fetta di quelli che votano M5s lo fa per andare contro il sistema, a prescindere da programmi, candidati o scandali. Allo stesso modo: il caso di Macerata non ha spostato consensi, come molti avevano immaginato.
• E gli incerti quanti sono?
Parecchi. Per Ipsos sono il 34%, per Demos addirittura il 43%. «È un elettorato variegato, con un’importante presenza di elettori centristi che nel 2013 avevano votato per la coalizione montiana, seguiti da elettori di centrosinistra», ha spiegato Nando Pagnoncelli. Piepoli li stima attorno al 30% e ritiene che «chi torna a votare si rifugia sempre nel passato. In sostanza chi ha votato nelle scorse tornate Pd voterà Pd. E lo stesso varrà per chi ha votato in passato Forza Italia». È molto probabile in ogni caso che il numero dei votanti sarà più basso rispetto al 75% del 2013.
• Dov’è che la sfida è più incerta?
Al Sud. Come ha messo bene in evidenza Marco Castelnuovo sul Corriere della Sera analizzando i dati di Rosatellum.info, il centrodestra è in largo vantaggio al Nord, il centrosinistra al Centro, mentre in buona parte delle regioni meridionali è sfida aperta tra Movimento cinque stelle e centrodestra. Se la coalizione di Berlusconi, Salvini e Meloni riuscisse a imporsi anche nel Mezzogiorno potrebbe ottenere la maggioranza assoluta dei seggi. Probabilmente saranno decisivi 35 collegi uninominali del Sud, dove il centrodestra al momento è in svantaggio ma ha candidati più radicati sul territorio rispetto ai grillini. Inoltre, per l’Istituto Demopolis, il 67% degli italiani non conosce i nomi dei candidati del suo collegio uninominale. Il che fa ipotizzare che dalle urne possano uscire sorprese.
• Quali sono quindi gli scenari possibili?
Senza un vero vincitore, c’è lo stallo. Sia Renzi che Belusconi vanno ripetendo che non ci sarà alcun governo di larghe intese, nessun patto del Nazareno-bis. È una posizione assunta da tutti e due per lo stesso motivo: non spaventare il proprio elettorato. Anche se il ministro dell’Interno Minniti, facendo infuriare il segretario del Pd, l’altra sera da Vespa si è detto disponibile a un «governo di unità nazionale purché col Pd», qualsiasi cosa voglia dire l’espressione «unità nazionale». In ogni caso per avere i numeri per governare si dovrebbero mettere insieme almeno il centrosinistra, Forza Italia, Noi con l’Italia e Leu. Ipotesi ancora più irrealistica un governo sovranista composto da M5s, Fdi e Lega. Da segnalare che Grasso ha aperto a un possibile accordo con i grillini, ma le due liste da sole, stando ai sondaggi, non avrebbero dopo il voto i seggi necessari.
• E senza nessuna intesa cosa può succedere?
Rimarrebbe in carica per gli affari correnti il governo Gentiloni, che non si è dimesso quando le camere sono state sciolte. Una mossa inusuale, concordata con il Quirinale, proprio per predisporre un salvagente che consenta all’Italia, perlomeno, di continuare a gallegiare. Gentiloni, tra l’altro, secondo i sondaggi, è al momento il leader più stimato. Renzi e Berlusconi si dicono pronti ad andare di nuovo alle urne con la stessa legge elettorale. Finta soluzione, probabilmente. È davvero difficile immaginare che nel giro di pochi mesi gli elettori cambino orientamento.