Avvenire, 16 febbraio 2018
Non esiste alcuna cifra ufficiale sugli arsenali domestici in Italia
Le armi per uso personale sono uno dei grandi misteri italiani. Da dieci anni non sappiamo nulla sulla quantità in circolazione, la tipologia, la distribuzione territoriale. Non esiste nessun censimento pubblico e se esiste viene tenuto sotto chiave.
«C’è solo una stima del 2008 che indicava il numero in 7 milioni: i sindacati di Polizia hanno parlato però di 12 milioni», dice l’analista Giorgio Beretta. Cifre senza nessun alcun solido ancoraggio a dati ufficiali. E anche a volersi rassegnare alla proiezione più al ribasso, vorrebbe dire che circola ci sono una rivoltella o una doppietta ogni dieci italiani. Sul nostro conto sono noti quanti cellulari, auto, elettrodomestici, dentifrici acquistiamo, «ma non sappiamo quante e quali pistole, carabine, semiautomatici, fucili da caccia vengono venduti», insiste Beretta.
Nonostante tutti i tipi di arma debbano essere denunciati alle Questure o ai comandi dei Carabinieri, «il Ministero dell’Interno non ha mai voluto rendere noti i dati che pure possiede», lamentano da Opal, l’Osservatorio sulle armi leggere di Brescia. Nemmeno l’Associazione nazionale produttori armi (Anpam), che si era impegnata a rendere noti almeno i dati sulle vendite, ha mai reso note queste informazioni. Le rassicurazioni che spesso arrivano dalla lobby del piombo facile vengono regosettore larmente smentite dalla cronaca. Lo stragista di Miami ha colpito con un AR 15 (un fucile d’assalto semiautomatico e “non militare”, in vendita per i civili e recentemente in bella mostra alla fiera del tiro sportivo e venatorio di Vicenza).
Ma non bisogna andare Oltreoceano per capire quali siano i rischi. «L’Istat certifica che nel quinquennio 2012/16 – spiegano dall’Osservatorio di Brescia – c’è stata una media annuale di 30 omicidi volontari consumati a scopo di furto o rapina (nel 2016 erano però 19)».
I dati raccolti da Opal dimostrano che lo scorso anno ci sono stati almeno 40 omicidi con armi legalmente detenute, ad esclusione dei 20 morti per incidenti di caccia: «Vanno poi sommati almeno 60 suicidi, sempre con armi regolarmente detenute e più di 20 tentati omicidi e solo una decina di casi in cui l’arma è stata usata per fronteggiare una rapina oun’aggressione». In altre parole, «oggi se c’è un’arma regolarmente detenuta in casa di un italiano, è molto più probabile che venga utilizzata per commettere un omicidio, un tentato omicidio o un suicidio, che non per far fuggire i ladri o sventare un’aggressione», osserva Beretta. Perciò se guardiamo ai numeri, il vero allarme non sono le rapine che finiscono col morto, «ma le armi detenute legalmente e che il più delle volte servono non per difendersi da un’aggressione in atto ma servono purtroppo per sparare a qualche familiare».
La produzione di armi e munizioni per uso civile, sportivo e venatorio in Italia vale 7 miliardi 293 milioni di euro (oltre il 90% per il mercato estero) corrispondenti allo 0,44% del Pil nazionale, con 87.549 occupati, cioè lo 0,56% di lavoratori totali italiani e lo 0,69% degli occupati nell’industria manifatturiera e nel terziario. Il produttivo di armi e munizioni cresce del 19% rispetto al 2010, trainato dall’export che incide per il 90,3% (+6,3% rispetto al 2010). I dati emergono dalla ricerca realizzata dalla Facoltà di Economia dell’Università degli Studi di Urbino ’Carlo Bo’, presentata nei giorni scorsi.
A volere essere pignoli, si scopre però che le esportazioni verso gli Stati Uniti secondo i dati elaborati da Opal sono raddoppiate nel 2016, passando dai 23.8 milioni del 2015 ai,40.5 dell’anno dopo. Il presidente dei produttori, Stefano Fiocchi, alla vigilia della fiera di Vicenza ha sostenuto che gli «unici dati con il segno meno riguardano il mercato italiano dell’indotto legato alle attività venatorie e sportive». La soluzione? «Basterebbe allineare il sistema italiano a quello degli altri Paesi europei per ridare ulteriore linfa al comparto – continua Fiocchi che tra l’altro afferma da decenni la sua leadership internazionale nella produzione per uso sportivo». Nelle ultime quattro edizioni dei Giochi Olimpici, ha ricordato Fiocchi, su 63 medaglie assegnate nelle diverse specialità del tiro a volo ben 61 sono state vinte con fucili e 51 con munizioni italiane, una eccellenza indiscussa a livello mondiale. Non tutti i detentori, però, si limitano al tiro a segno. Luca Traini, il mancato stragista di Macerata, possedeva regolarmente una pistola per uso sportivo.