Il Messaggero, 16 febbraio 2018
Violenti, instabili, armati gli stragisti adolescenti
NEW YORK Diciannove anni, bianco, solitario e arrabbiato, ma fino a mercoledì raramente violento. Nikolas Cruz risponde alla lettera allo stereotipo dei giovani statunitensi che a ritmo bisettimanale escono dall’anonimato per andare a sparare in una scuola. Alcuni si accontentano di colpire il compagno con il quale hanno avuto un diverbio o il professore con il quale hanno un conto in sospeso. Un numero crescente tra loro fa a gara per guadagnare il titolo dello stragista che ha ammazzato più persone con un singolo attentato. Cruz e i suoi compagni di AR 15 non sono però i rappresentanti di una generazione che si sta facendo più violenta, né rappresentano un complotto in larga scala di associazioni estremiste.
Quello che qualifica l’attentatore di Parkland e che lo accomuna agli stragisti che l’hanno preceduto sono due caratteristiche che stanno diventando ugualmente ripetitive: l’ombra della malattia mentale e l’accesso alle armi da parte di una persona che ha già manifestato l’intenzione di usarle contro persone innocenti. «Non possiamo lasciare che i malati di mente vadano in giro a consumare stragi», ripetono alla Fox News gli analisti conservatori chiamati a discutere il caso. «Quando sarà il momento giusto per discutere dell’insana circolazione delle armi negli Usa?». Rispondono i politici democratici a Washington. Sono queste le due morse della tenaglia che immobilizza il paese di fronte all’ennesima strage e che forse nemmeno questa volta permetterà di avviare un dibattito risolutivo. In una società polarizzata fino all’estremo come è oggi quella statunitense, la questione diventa immediatamente politica, e la politica è in una fase di stallo.
LA SANITÀ
Nikolas Cruz aveva accusato disturbi mentali. La polizia della contea di Broward racconta di essere intervenuta più volte a casa della madre adottiva del giovane per sedare gli eccessi di ira causati dalla scarsa stabilità della sua testa. Il sindaco della stessa contea Beam Furr conferma che aveva ricevuto cure mediche saltuarie, quante può permettersene il sistema sanitario pubblico anche in una regione ricca, come quella in cui è accaduta la strage. I conservatori vorrebbero chiudere qui il discorso: c’è bisogno di maggiore libertà di intervento per prevenire i crimini dei pazzi, anche se questo vuol dire violare il diritto più sacro della costituzione, il primo emendamento, quello che difende la privacy e la libertà di parola.
Le leghe per i diritti civili, le associazioni mediche e sanitarie non sono assolutamente disposte ad affrontare questo discorso, specialmente di fronte ad una spesa sanitaria pubblica in pieno abbattimento. Ribattono che i malati di mente commettono solo il 5% dei crimini che si verificano negli Usa, e dietro questo dato dimenticano di osservare come quasi tutte le maggiori stragi commesse negli ultimi anni abbiano avuto alle spalle attentatori con disturbi psichici.
L’ARSENALE
I progressisti sono ugualmente trincerati all’attacco di un altro diritto costituzionale: il secondo emendamento, quello che protegge il diritto di possedere armi. Per loro ogni nuova strage è l’occasione per tentare di aprire gli occhi e le orecchie di un paese sempre più cieco e sordo riguardo a questa materia, sul nesso innegabile tra la circolazione incontrollata delle armi e la possibilità che finiscano nelle mani sbagliate. È in effetti difficile spiegare perché un diciannovenne come Cruz trovi l’accesso sbarrato quando cerca di sedersi ad un qualsiasi bar a ordinare un bicchiere di birra, ma allo stesso tempo possa cercare su Internet un venditore che dice di essere il legittimo proprietario di un AR 15 in cerca di acquirenti, e poi accordarsi per la vendita, senza nessun controllo legale, e senza produrre un documento.
IL DIBATTITO
I padri della costituzione sicuramente non intendevano spingere il principio del secondo emendamento fino a questi estremi, ma la pressione decennale della lobby dei costruttori delle armi ha reso possibile una simile abominazione. «Non è il momento questo di discutere di politica», ha tagliato corto ieri alla camera il leader repubblicano Paul Ryan a chi chiedeva di riaprire il dibattito sul bando delle armi automatiche. Non lo è mai stato dall’assalto di Columbine in poi, e salvo un miracolo, non lo sarà nemmeno questa volta.