la Repubblica, 16 febbraio 2018
Per rinnovare la pedagogia chiedilo alla lumaca
Con lentezza, profondità e dolcezza torna a parlarci Gianfranco Zavalloni, il maestro elementare che chiedeva agli adulti di non assediare i bambini con le aspettative di una società basata sulla competizione e sul successo, il preside contadino, ecologista e pacifista che invitava ad andare a piedi, usare le mani, esplorare, costruire, sbagliare e imparare dagli errori. A cinque anni dalla sua morte l’Editrice Missionaria Italiana, a cui già si deve La pedagogia della lumaca – dal 2008 tre edizioni e undici ristampe – pubblica la raccolta A scuola dalla lumaca con la prefazione di Franco Lorenzoni. In questi scritti Zavalloni parla di una scuola intrisa di quel sapere concreto che a lui arrivava dalla campagna. Nato in Romagna, si è sempre considerato uno che non fa un lavoro teorico ma si sporca le mani, prepara il terreno, usa attrezzi semplici ma efficaci, semina semi che fra di loro sono tutti diversi. «Avete mai trovato un bambino identico a un altro?» chiedeva ai suoi colleghi presidi quando dopo sedici anni di insegnamento aveva deciso di mettersi alla prova come dirigente scolastico. A modo suo, ad esempio portando i collegi docenti fuori dalle aule. Dopo avere scovato i diari del maestro e pittore Federico Moroni, che prima della seconda guerra mondiale arrivava in bicicletta da Santarcangelo di Romagna alla scuola rurale di Montefitti, Zavalloni invita gli insegnanti a una lunga camminata sulla stessa strada. Il viaggio è del resto una delle sue più grandi passioni: «Per un docente mettersi in cammino è una condizione importante per restare in equilibrio, per mantenere una propria stabilità mentale». Il suo inquieto vagare ed esplorare i più vari territori, sottolinea Lorenzoni nella prefazione, è però cosa diversissima dal diffusissimo multitasking nel quale ci agitiamo. E a ricordarcelo ci sono le pagine in cui Zavalloni insiste sulla necessità di fermare la corsa del tutto e subito, seguendo la regola che Rousseau riteneva la più utile di tutta l’educazione: perdere tempo per guadagnarne. Quelle in cui racconta le sue esperienze di scuola creativa e quelle in cui cita Tonino Guerra e Platone, don Lorenzo Milani e Gianni Rodari, Ernst Friedrich Schumacher e Alexander Langer, il politico che propose di rovesciare il motto olimpico «più veloce, più alto, più forte» in «più lento, più profondo, più dolce». Con lo stesso ritmo tornano oggi di attualità la lumaca e la sua pedagogia, a ricordarci che la vera scuola rispetta i tempi dei bambini e li educa non al successo, ma all’esplorazione dei confini infiniti del mondo.