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 2018  febbraio 16 Venerdì calendario

Il patrimonio saccheggiato

«In un mondo in cui siamo sempre meno uguali, il fatto che il paesaggio e l’arte appartengano egualmente a ricchi e poveri è uno dei pochi segni di speranza». Lo scrive Tomaso Montanari, storico dell’arte, professore dell’Università Federico II di Napoli, presidente di «Libertà e Giustizia», in un libro pubblicato dall’editore Carocci, Costituzione italiana: articolo 9.
Come nacque e quale destino ha avuto e ha per la comunità nazionale quell’articolo fondamentale della nostra Carta? Montanari ne traccia il cammino, le origini, i significati, la storia. Cerca poi di indicare la direzione che potrebbe avere oggi se, invertendo la rotta degli ultimi decenni, una nuova politica riuscisse ad attuare l’articolo 9 nel suo senso più vero, quello pensato e voluto dai costituenti.
Concetto Marchesi fu forse il maggior promotore di quell’articolo che non ebbe vita semplice. Già all’inizio della discussione per la sua stesura fu oggetto di non poche obiezioni dei costituenti più attenti agli interessi materiali della speculazione che a quelli della Nazione risorta dalle macerie del fascismo e della guerra.
Non fu facile arrivare alla dizione della Costituzione firmata il 27 dicembre 1947 e tuttora in vigore: «La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione»
Il democristiano Umberto Tupini, vicepresidente della Costituente, fu un acerrimo nemico soprattutto della parola «tutela». Con lui si schierarono altri costituenti occhiuti, preoccupati per le possibili perdite dei guadagni privati. Marchesi, Emilio Lussu, Tristano Codignola e Umberto Nobile tennero duro. Le reazioni furono aspre, i giornali della destra reazionaria, «Il Travaso», «Candido», «L’Uomo qualunque» ironizzarono pesantemente parlando di ovvietà e di stupidità. Si fece di tutto, nei decenni, per minimizzare l’importanza dell’articolo 9 che avrebbe dovuto proteggere il «Bel Paese», tutelarlo dalla distruzione suicida della speculazione edilizia, dalla rapina del suolo. (Seguitiamo a pagarne lo scotto anche per la più debole alluvione).
Quasi trent’anni dopo, Antonio Cederna scrisse irato che non si era capito il significato e l’importanza di quell’articolo che riguardava «la conservazione della natura, le sue implicazioni urbanistiche e sociali, i suoi rapporti con la salute pubblica, l’impiego del tempo libero, la sicurezza del suolo».
La parola «tutela» è essenziale se la politica ne avesse cura e rispetto. Questo libro è importante anche perché Montanari non è un giurista e sa allargare la discussione su un tema che riguarda tutta la comunità nazionale. Cita, ad esempio, la lettera che Raffaello indirizzò, nel 1519, a Papa Leone X: il grande pittore, con una metafora politica, lamenta il suo dispiacere per le rovine di Roma: esse sono «il cadavere della Patria», scrisse. Raffaello, commenta Montanari, «richiama il Papa ai suoi doveri verso il patrimonio, cioè alla tutela». Potere e dovere.
La Costituzione è veramente, come è stato detto, il vangelo della Repubblica e si capisce come dia fastidio a chi ha per modello un Paese senza regole e tenti frequentemente di distruggerla. Come dimenticare la famosa costituzione berlusconiana della baita di Lorenzago, nel Cadore, dove Roberto Calderoli, Francesco D’Onofrio, Domenico Nania e Andrea Pastore compilarono in cinque giorni (20-25 agosto 2003) 56 articoli che stravolgevano la seconda parte della Carta? (Il progetto fu bocciato con il 61,32 per cento dei voti dal referendum del 25-26 giugno 2006).
E come dimenticare il dissennato progetto della costituzione renziana sonoramente bocciato dal referendum del 4 dicembre 2016 con il 59,12 per cento dei voti? La più autorevole cultura giuridica nazionale era fermamente contraria. Il progetto, con altre storture, si proponeva di abolire il Senato. Secondo i suoi propugnatori, il sì avrebbe reso felice l’Europa. Indifferente o ignara.
Un altro dei protagonisti della Costituzione repubblicana fu Piero Calamandrei. Per lui la Costituente fu una grande passione, un momento liberatorio. Negli anni più cupi e amari per gli antifascisti, tra il 1935 e il 1940, aveva preso l’abitudine, ogni domenica, di andare a fare un giro in auto con gli amici – Nello Rosselli, Piero Pancrazi, Luigi Russo, Guido Calogero, qualche volta anche Benedetto Croce – nei paesi della Toscana.
Quelle gite non erano soltanto un modo di risollevare per un giorno lo spirito dimenticando la rovina politica e culturale di allora. Il paesaggio, la bellezza della natura, la rivisitazione della storia e dell’arte rappresentavano la Patria, il suo vero volto.
(Il discorso che Calamandrei fece il 4 marzo 1947, il giorno in cui si aprì la discussione in Assemblea, è un classico di grande bellezza che dovrebbe essere letto e studiato nelle scuole).
E oggi? Montanari spiega con chiarezza: se la sovranità appartiene al popolo, com’è scritto nell’articolo 1, anche «il patrimonio storico e artistico appartiene al popolo. E la Repubblica tutela il patrimonio innanzitutto per rappresentare e celebrare il nuovo sovrano cui il patrimonio ora appartiene: il popolo».
Ma qual è stata, in questi settant’anni, la storia della nostra Costituzione? «È in gran parte la storia di un tradimento», scrive Montanari.
Alla rinfusa, al di là dei tentativi di cancellarla del tutto o quasi: i soldi sono diventati i maggiori protagonisti dei disastri.
Lo Stato italiano spende per la cultura lo 0,7 per cento del Pil ed è al ventitreesimo posto in Europa. La cultura viene vista come oggetto di pura valorizzazione economica, criterio che sminuisce e distrugge la tutela. I beni storici, i palazzi, le sale dei musei, i posti famosi, vengono concessi alle feste, ai matrimoni di lusso, ai balli in maschera. E poi: il patrimonio in vendita. L’equivoco delle Fondazioni di copertura. L’odio governativo per le Soprintendenze, un inciampo alla forza e all’avidità del mercato. Il livello della classe politica dirigente di oggi quasi analfabeta, se la si confronta con gli uomini della Costituente, Dossetti, Luigi Einaudi, La Pira, Moro, Terracini, Togliatti, Di Vittorio, De Gasperi, Giorgio Amendola, Antonio Giolitti. Oltre ai citati Calamandrei, Marchesi, Lussu, Codignola.
Qualcuno, in questa informe campagna elettorale, discute dei problemi posti dall’articolo 9 che riguardano nel profondo la vita degli italiani?