Corriere della Sera, 16 febbraio 2018
Un papà stellare
La mia personalissima riforma istituzionale (chi non ne ha una, al giorno d’oggi?) prevede che i parlamentari siano la metà di quelli attuali, ma tengano l’intero stipendio per sé, a condizione di meritarselo. Sapere che un incapace lavora gratis non mi sembra una grande consolazione, per quanto rimanga preferibile alla condizione più diffusa: quella degli incapaci che si fanno pagare. Perciò seguo con divertito distacco le peripezie delle Cinque Stelle (Onestà, Probità, Serietà, Severità, Ma-va-là) pizzicate con il rimborso in bocca. Il più pittoresco lume della galassia si chiama Ivan Della Valle, paladino dei «No Tav», ma non del tutto insensibile alle ragioni dei «Sì Iban». Per non dare nell’occhio, ogni mese versava al movimento di Grillo il bocconcino del dieci per cento, tenendosi nel piatto il resto della bistecca con tutto l’osso. Per sfuggire alle idi Di Maio, gira voce (ma lui nega) che il Della Valle si sia rifugiato a Casablanca, dove potrebbe cambiare i connotati e giocarsi gli ultimi spiccioli nel casinò di Humphrey Bogart.
Di sicuro in Italia è rimasto suo padre, Mauro. Anche lui accusa il figliolo di incoerenza. Ma – udite, udite – non perché avrebbe fatto meglio a rinunciare ai soldi per rimanere nei Cinque Stelle. Al contrario, perché avrebbe fatto meglio a uscire dai Cinque Stelle pur di tenerseli. E gli impegni presi con gli elettori? Non scherziamo, lo stipendio viene ben prima dell’onore. Un vero padre. Della Patria.