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 2018  febbraio 15 Giovedì calendario

Da Henrich a Carlo i principi d’Europa che volevano farsi re

Due regine dal temperamento molto forte, soprattutto Elisabetta, dal fenomenale carisma. Ma anche Margrethe di Danimarca regna senza lasciare spazio a nessuno. Due monarchie rette sul matriarcato, con eredi o principi consorti in preda alla frustrazione. Trema Carlo alla prospettiva di non ereditare la guida del Commonewealth, mentre il marito di Margrethe, morto ieri all’età di 83 anni per un’infezione ai polmoni, non ha mai perdonato alla moglie di non averlo – diciamo così – promosso di ruolo.
Il principe consorte di Danimarca è stato veramente un personaggio sui generis, anche lodevole da un certo punto di vista perché a suo modo ha fatto (e ha perso) una battaglia per le pari opportunità in un ambito in cui generalmente l’uguaglianza non è una priorità molto sentita. Perché la moglie del re viene incoronata regina, mentre il marito della regina resta semplicemente principe consorte? Perché questa discriminazione, questa ingiustizia di genere? Va bene camminare sempre un passo indietro, essere soltanto un’ombra, un cavalier servente, un accompagnatore, ma che ci vengano almeno formalmente riconosciuti gli onori e il titolo di re, questa in sostanza la rivendicazione del principe.
No, niente par condicio nelle corti d’Europa, neppure nelle monarchie più spartane, le cosiddette monarchie in bicicletta. Il principe ci credeva, nella sua battaglia, lavorava ai fianchi la moglie perché lei – chi se non lei? – cambiasse le regole e le convenzioni, ma invano. Era arrivato a un passo dalla vittoria, quando riuscì a portare la sua crociata addirittura in Parlamento, ma il Parlamento la bocciò La sua decisione, o provocazione, o chiamatela vendetta – «Non seppellitemi accanto a mia moglie, non ha mai voluto farmi re» – risale allo scorso novembre, ma in realtà il suo annuncio è il risultato di un rancore incubato per anni.
Henri Marie Jean André de Laborde de Monpezat, questo il suo nome per intero, era un aristocratico francese e non certo un cenerentolo, oltre che un raffinato intellettuale, un artista, un uomo di cultura e insieme un viticoltore molto attaccato ai cicli della terra e ai suo vini. La regina e il principe ribelle erano sposati da 51 anni, un matrimonio pieno di alti e bassi, soprattutto bassi, segnato dalla difficoltà di adattarsi al suo ruolo da parte del principe e dalle asperità della regina.
Più di una volta Henrich aveva abbandonato il tetto coniugale per prendersi delle pause di riflessione tornando a vivere nella sua campagna vicino a Bordeaux. Si era anche parlato di un suo problema con l’alcol. Già piuttosto malandato in salute, giusto l’anno scorso gli era stata diagnosticata una forma non lieve di demenza senile. Eppure è apparso lucidissimo quando ha colto proprio l’occasione delle sue nozze d’oro per rendere pubbliche le sue ultime volontà: non voglio essere sepolto accanto alla regina mia moglie nella cattedrale di Roskiklde, nella cripta di famiglia, come tutti gli altri reali della dinastia. Personaggio anticonformista, nonno di otto nipoti, il principe Henrich era molto apprezzato e amato dalla gente comune, che ora si inchina davanti al suo desiderio di rinunciare in morte a quegli onori che gli furono negati in vita.
Molto diverso il discorso per Carlo d’Inghilterra: quando – e chissà in che data – diventerà finalmente re, non è detto che diventi anche presidente del Commonwealth, cosa che è ora sua madre. Non si tratta infatti di una carica ereditaria. Soltanto 15 dei 53 Paesi membri avranno automaticamente Carlo come presidente. Gli altri decideranno. È prevista per i prossimi giorni a Londra una riunione ai massimi vertici di un gruppo nominato dal Commonwealth stesso in cui, in maniera segreta e riservata, saranno esaminate nuove possibilità «per una governance più ampia». Leggi nuove regole della successione. Ad aprile sapremo i risultati.
Nonostante la madre lo sponsorizzi fortemente, c’è un clima di perplessità attorno alla sua figura. Un dispaccio diplomatico mandato a Washington nel 2009, reso noto qualche tempo dopo da Wikileaks, rivelava un clima di preoccupazione sul fatto che Carlo fosse adatto a succedere alla madre anche in determinati Paesi dell’ex impero britannico. Il direttore del segretariato affari politici del Commonwealth Amitav Banerji avrebbe confidato a un diplomatico statunitense di stanza a Londra che il principe del Galles «non suscita lo stesso rispetto della regina».