La Stampa, 15 febbraio 2018
Brescia nel paese dell’orgoglio operaio
Quando uno è bravo dicono che «sa rifilare i baffi alle mosche». Di operai così a Odolo, Val Sabbia, cento curve a Nord di Brescia, duemila abitanti e mille metallurgici, ce ne sono quanti se ne vogliono. Qui si produce il 25% del tondino europeo, il 75% di quello italiano. Il ferro è letteralmente nell’aria da secoli. Mille anni fa c’erano solo armaioli. Sei secoli fa aprirono le fonderie. Vent’anni fa ce n’erano sette. Adesso solo due. Chi non lavora in fonderia, lavora nelle aziende dell’indotto come la CMC di Agostino Carli, quindici operai e due milioni di fatturato annuo: «Ma non ci sono più gli operai di una volta. Gente che come me è partita dal niente e ha costruito tutto col sudore della fronte e i calli nelle mani. Siamo rimasti in pochi in Italia. Il primo è Silvio Berlusconi».
Basta girare tra torni monumentali e saldatrici che scintillano per capire che l’operaio massa, nel senso di Lulù Massa quello della «Classe operaia che va in Paradiso», non abita più qui. Mattia Tononi, 24 anni, diploma di perito meccanico, armeggia alla macchina controllo numerico del tornio con regolare caschetto giallo: «Per chi voto? Per Matteo Salvini, chi altro? È l’unico che parla chiaro e incarna il cambiamento». A mettere in fila gli operai come lui ci si fa un esercito. Gente giovane e istruita. Disgustata dalla politica, quelli che non votano sono tanti. Ma ancora più disgustati dai politici. Chi parla facile vince. I problemi sono sempre quelli. «Lavoro nove ore al giorno cinque giorni la settimana. Sabato altre cinque ore di straordinario. La domenica sto con la morosa. Sono fortunato ad avere un lavoro. È il primo problema dell’Italia. Il secondo sono gli immigrati. Ce ne sono troppi. Quelli che lavorano va bene. Quelli che vanno in giro per il paese a fare niente no».
A Odolo su duemila abitanti ci sono più di quattrocento migranti ma in giro non si vedono. Spiega Fausto Cassetti, sindaco di centrodestra, più destra che centro, terzo mandato, 40% di preferenze nel 2007, 72% nel 2012, 74% l’anno scorso: «Gli stranieri sono in fabbrica a fare il lavoro che non vogliono fare più gli italiani, davanti agli altiforni dove d’inverno hai cinquanta gradi in faccia e dieci sulla schiena. Se fossimo ancora negli Anni Settanta quando il tondino incandescente dovevi prenderlo al volo con le tenaglie e per questo lo chiamavano “il serpente” ci sarebbero ancora loro. Da noi sono bravi ma dargli anche la moschea non mi sembra il caso». Per trovare un operaio di sinistra, una volta erano comunisti adesso non sanno nemmeno loro, bisogna cercare tra gli «anziani». Domenico Savoldi, 54 anni, casco rosso della squadra politica del cuore: «Lavoro da quaranta anni. Me ne toccano altri quattro. A me ha fregato la Fornero e quelli che hanno votato con lei. Quindi voto ancora a sinistra ma non Matteo Renzi che per gli operai non ha fatto niente. A mia nipote grazie al jobs act le hanno appena tolto il contratto. Ha trenta anni. Ma come si fa...».
Alla fine i pensieri che preoccupano tutti sono solo due: il lavoro e il futuro che poi è la stessa cosa. Simone Mora, 22 anni, saldatore specializzato da tre, oltre al mutuo per la casa che otterrà tra pochi giorni ha un altro chiodo fisso: «Sono indeciso se votare Renzi o Berlusconi. Berlusconi mi piace di più ma Renzi ha fatto il jobs act che mi ha permesso di essere assunto. La Lega? Non mi piacciono quelli che urlano. I clandestini non sono un problema. Anche noi italiani siamo stati clandestini. A me gli stranieri non fanno paura». E figuriamoci se la fanno ad Alexandro Blay, romeno da sei anni in Italia, operaio fresatore dopo aver fatto niente come tutti per sei mesi: «La politica non mi piace. I politici italiani fanno schifo e sono ladri come quelli del mio Paese. Ma sono di destra e voterò a destra. Sono gli unici che pensano al nostro futuro. Ho sacrificato la mia gioventù per venire qui. Devo pensare a mia moglie e a mia figlia che ha due settimane. Di quelli al governo non mi fido».
Pensiero elementare ma assai diffuso tra gli operai di Brescia e probabilmente di mezza Italia. Si fa fatica a identificarli come classe ma in Italia sono pur sempre cinque milioni. Tanti di loro li conosce il segretario della Fiom di Brescia Francesco Bonisoli: «Ci sono fabbriche dove non esiste nemmeno la rappresentanza sindacale e la crisi ha picchiato duro in questi anni. L’accusa principale ai partiti di sinistra è che non sanno ascoltare più gli operai. Non c’è più il Pci di una volta che era in fabbrica e cercava di risolvere i problemi. Adesso in questi territori vanno forte la Lega e Forza Italia e questo non fa che indebolire la forza di tutela dei sindacati». Ma l’onda è partita da lontano assicura Giuseppe Bazzoli, una vita in fabbrica ad Odolo e adesso funzionario di base della Uil, operaio per sempre: «La politica sta a Roma. Qui siamo in Val Sabbia. Ma sono i politici che sono lontani da noi. Siamo stati lasciati soli». Ma soli non vuol dire spaventati come racconta Stefano, 20 anni, progettatore meccanico in tuta blu, assunto come stagista e ora apprendista a 1500 euro al mese: «Io voto Silvio Berlusconi perchè è uno che ha lavorato sodo e non ha parlato e basta come Matteo Renzi. E se Berlusconi mi dice dove firmare per mandare via 600 mila clandestini firmo subito. Il vero razzismo è pensare di tenerli qua a fare il lavoro che non vogliono fare gli italiani. Come vedo il mio futuro? All’estero, lontano da qui. Devo iniziare a pensare ai figli che ancora non ho».