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 2018  febbraio 15 Giovedì calendario

I tormenti di Romy Schneider

BERLINO Una spiaggia in Bretagna, il rumore delle onde increspate e dei gabbiani, l’azzurro violento del cielo sferzato dal vento del Nord, un bambino fa volare un aquilone. Non lontano da lì, in un hotel con la spa, la grande diva del cinema dell’epoca, in compagnia della sua vecchia amica Hilde Fritsch, si prende una pausa dalla melanconia, dai guai finanziari perché si era fidata di persone sbagliate, dal dolore per la perdita di David, il figlio di 14 anni che era rimasto infilzato nel cancello della villa dei suoi nonni, e che aveva avuto dal matrimonio con l’attore Harry Meyen, morto suicida. 
«Sono una donna infelice di 42 anni», così Romy Schneider si presentò al giornalista Michael Jürgs (nel film è Robert Gwisdek). Morì circa due anni dopo, nel 1982. La convinse a rilasciare una lunga confessione, come un messaggio nella bottiglia, per il settimanale tedesco Stern. Fu una delle sue ultime interviste. Tre giorni in Quiberon è il titolo del film (in bianco e nero) di Emily Atef, uno dei più attesi al Festival di Berlino. Romy Schneider ha il volto dell’attrice tedesca Marie Bäumer, dalla forte somiglianza fisica. Armato della sua ambizione, Jürgs si presentò con Robert Lebeck (Charly Hübner), un fotografo che lei conosceva bene, cercando di carpire i sentimenti più intimi della diva fragile. 
Erano troppe le menzogne che circolavano sul suo conto. Era viennese naturalizzata francese. Bella come una madonna, una persona senza difese che diventava principessa sullo schermo. Condannata all’infelicità, all’impossibilità di una vita normale, evitava come la peste i giornalisti. In quel villaggio bretone, il taccuino pronto, un pescatore si era appena avvicinato e le aveva chiesto: «Lei è la principessa Sissi, vero?». L’attrice, gli occhi come fessure di ghiaccio: «No, ho un altro nome». Tre giorni nella vita di Romy Schneider. La regista Emily Atef dice che l’attrice aveva promesso a Jürgs «risposte dettagliate, senza filtri, cercando di scrollarsi di dosso l’immagine di Sissi, ma senza calcoli o strategie, dimostrando la sua integrità privata e artistica». Raccontò del patrigno che dilapidò il suo patrimonio; del figlio David di cui la notte sentiva la voce o credeva di vederlo; di Alain Delon che era scomparso dalla sua vita, l’uomo con cui avrebbe voluto vivere «anche in un cortile, un vigliacco ma molto bello, un borghese che voleva far carriera e avere la casa piena di quadri di Renoir»; di quando amava Luchino Visconti pur sapendolo omosessuale.
Raccontò dei suoi cento film e dei suoi eccessi; dell’adolescenza in cui «mi piaceva starmene seduta nella camera di mio padre, che aveva abbandonato mia madre, cercava sempre e soltanto le donne, non voleva avere figli, si limitava a comprarmi un paio di scarpe»; della sua abitazione «nel quartiere più chic di Parigi, che puzza di scenografia e io non la posso soffrire, cerco qualcosa di vero, di personale»; della sua necessità di fare film («ho bisogno di soldi»).
La berlinese Emily Atef ha la madre francese, dove la regista visse la sua gioventù: «Romy, così autentica quando recitava, a Parigi era adorata, i suoi drammi privati presenti sui media. La mia protagonista, Marie Bäumer, vive in Francia e rifiutò un film per la tv sulla Schneider. Ho fatto tante ricerche, le foto di Lebeck erano così vere, intime, non ostentate. E l’intervista di Jürgs era focalizzata sulla persona prima che sull’attrice di successo. Mi ha molto aiutata, ma il film non è un omaggio a Romy, perché mi sarei più concentrata sui suoi film, e non è la traduzione parola per parola di quell’incontro, c’è la mia visione. Picasso diceva: l’arte è la menzogna più vicina alla verità. I suoi ritratti femminili sono più veri di tante fotografie». 
Cos’era la felicità per un’icona infelice? «Ero contenta sempre e soprattutto quando ero sola. Non sa un po’ di schizofrenia?». Quel pescatore cercava Sissi e trovò Romy. In quei tre giorni offrì la sua vulnerabilità, ma sembrava aver ritrovato la voglia di ricominciare, qualcosa che disperatamente voleva. Insieme alla ricerca d’amore.