Il Sole 24 Ore, 15 febbraio 2018
La moda vale 66 miliardi ma i margini sono in frenata
La moda italiana piace, soprattutto all’estero che ne compra i prodotti e le aziende. Il rapporto sul settore, curato da R&S Mediobanca sulla base degli ultimi bilanci (2016) di 146 società con fatturato superiore ai 100 milioni, conferma che il comparto cresce più della grande manifattura per ricavi, utili e forza lavoro. L’unico neo sono i margini che, sebbene ancora buoni, risultano in flessione.
Dai dati aggregati risulta che le vendite all’estero delle aziende del made in Italy rappresentano il 64,4% dei ricavi totali: sono la voce cresciuta di più negli ultimi cinque anni, con un incremento del 24,7% rispetto al 2012. Il giro d’affari complessivo delle 146 società censite ha superato nel 2016 i 66 miliardi con un aumento del 25,8% sul 2012 e del 4,6% sul 2015. Il 40% di questo giro d’affari fa capo a gruppi esteri che hanno fatto shopping di marchi nella Penisola.
Escludendo la distribuzione, le aziende della moda hanno prodotto nel periodo 2012-2016 quasi 15 miliardi di utili netti, 3,4 miliardi solo nell’ultimo anno, che si è rivelato il migliore per profitti realizzati. E questo nonostante il margine operativo (Ebit) sia sceso dal 10,9% di inizio periodo al 9,6% finale. Il settore è promosso anche sotto il profilo della solidità finanziaria, con mezzi propri che superano di tre volte l’indebitamento e liquidità per 9 miliardi, pari all’85% dei debiti finanziari.
La concentrazione è un trend irreversibile, con i primi 15 gruppi della moda che assommano il 53% del fatturato del settore, il 67% degli utili e il 63% della forza lavoro. Le 15 aziende al top hanno registrato infatti un giro d’affari di 30,3 miliardi, vantando le migliori performance di vendite all’estero, soprattuto al di fuori dai confini europei dove, dal 2012, sono cresciute del 24,5%. Negli ultimi cinque anni hanno realizzato profitti netti per oltre 10 milliardi e distribuito dividendi per oltre 5 miliardi, pur mantenendo un pay-out del 54,6% inferiore alla media della grande manifattura italiana che si attesta al 69,3%.
Ottime performance, dunque, e tuttavia, nel confronto d’Oltralpe, i primi 15 gruppi francesi della moda escono vincenti su dimensioni, crescita e redditività, mentre i gruppi italiani risultano più patrimonializzati e liquidi. Le prime 15 aziende francesi della moda doppiano infatti le omologhe italiane con un fatturato aggregato di 76,9 miliardi, cresciuto del 24,4% sul 2012 contro l’incremento dei ricavi del 18,6% nello stesso periodo realizzato dalle 15 da questa parte delle Alpi. Il margine Ebit delle francesi è inoltre pari al 17,2% rispetto all’11,6% delle big tricolori (era il 14% nel 2012). C’è da dire che in Francia il grado di concentrazione è ancora più elevato, con il gruppo Lvmh che da solo muove 37,6 miliardi, quasi la metà dei ricavi delle prime 15 aziende transalpine e ben oltre il giro d’affari di tutte le prime 15 italiane. In compenso – sempre restando nell’ambito dei 15 big – i gruppi italiani vantano una solidità eccellente con debiti pari solo al 22,7% dei mezzi propri rispetto al 35,5% dei gruppi transalpini, e un cuscinetto di liquidità di 6,9 miliardi, pari al 120% dei debiti finanziari contro il 51,2% dei vicini concorrenti.
Per tornare in Italia, il primo gruppo per dimensioni si conferma essere Luxottica (in procinto di aggregarsi con la parigina Essilor), che ha chiuso il 2016 con ricavi pari a 9,1 miliardi, quasi tre volte il giro d’affari di Prada che, con 3,2 miliardi, occupa il secondo gradino più alto sul podio. Terza è Armani con 2,5 miliardi. Le più dinamiche negli ultimi anni si sono rivelate Valentino (+155,6% i ricavi nel periodo 2012-2016), Moncler (+66,8%) e Calzedonia (+41,6%). Vantano i margini operativi più alti Moncler (28,6%), Ferragamo (18,4%) e Luxottica (15,1%).
Per quanto riguarda i gruppi quotati in Borsa, i primi nove mesi dell’esercizio 2017 confermano il trend del semestre terminato a giugno, con un leggero incremento dei ricavi (+0,8% nei primi sei mesi) che si riflette solo sulla redditività netta (+4,5% i profitti), mentre prosegue il trend calante di margini industriali e di gestione corrente. Si stacca però Moncler con fatturato e margine operativo netto in crescita nel semestre, rispettivamente, del 17,9% e del 23,7% e ricavi in aumento del 16% nel complesso dei primi nove mesi.